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Allevamenti intensivi, a cosa serve la mozione approvata dai primi tre Comuni italiani

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Allevamenti intensivi, a cosa serve la mozione approvata dai primi tre Comuni italiani

Spoltore, in provincia di Pescara, San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, e Castenedolo, in provincia di Brescia, sono i primi tre Comuni in Italia ad approvare la mozione promossa da Greenpeace, ISDE, Lipu, Terra! e WWF per una transizione in chiave agro-ecologica del sistema degli allevamenti intensivi. Nei mesi scorsi, le cinque associazioni avevano messo a disposizione e inviato ai Consigli comunali di tutta Italia il testo della mozione: un atto d’indirizzo sulla riconversione del settore zootecnico per sensibilizzare la cittadinanza e le categorie economiche e favorire la discussione di un’iniziativa legislativa sul tema a livello nazionale, dove al momento rimane ferma alla Camera la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi” presentata dalle stesse organizzazioni oltre un anno fa.

Mozione approvata a Spoltore (Pescara), San Vito al Tagliamento (Pordenone) e Castenedolo (Brescia)

Il testo della mozione trova le basi negli articoli 9 e 32 della Costituzione italiana dedicati rispettivamente alla tutela di ambiente, biodiversità ed ecosistemi, e alla tutela della persona per la predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubri, così come nell’articolo 41 che stabilisce come l’iniziativa economica non possa arrecare danno a salute e ambiente; nell’Accordo di Parigi, secondo cui tutte le attività – comprese quelle agricole e zootecniche – sono chiamate a contribuire alla progressiva riduzione delle emissioni di gas serra; e ancora, nella disciplina dell’UE in materia di clima e nel collegamento degli allevamenti intensivi alla diffusione di malattie zoonotiche che possono costituire una minaccia per la salute pubblica.

Le associazioni che hanno promosso la mozione: importante segnale che parte dal territorio per il cambiamento

«L’approvazione della mozione in tre Comuni di tre diverse regioni – dichiarano le cinque associazioni promotrici – è un primo, significativo segnale di cambiamento che parte dai territori. È da qui che può prendere slancio una spinta concreta verso una legislazione nazionale capace di tutelare salute, biodiversità e la sostenibilità socio-economica del comparto agricolo L’attuale modello zootecnico italiano, sempre più concentrato in grandi realtà intensive e industriali, sta penalizzando le piccole e medie aziende, mettendone a rischio la sopravvivenza. Con la nostra proposta di legge vogliamo offrire un’alternativa credibile: un percorso di transizione che permetta al settore di resistere nel tempo, tutelando ambiente, salute pubblica e giustizia sociale».

Allevamenti intensivi: perché serve un cambio di rotta

«Lo scorso 20 marzo il nostro Consiglio comunale ha approvato una mozione importante: chiediamo un cambio di rotta nel modo di fare zootecnia, sostenendo la riconversione degli allevamenti intensivi in modelli più sostenibili e rispettosi di salute, ambiente e animali. Non possiamo rimanere indifferenti davanti a un tema che riguarda tutti», dichiara il sindaco di Castenedolo, Pierluigi Bianchini. «Speriamo che tanti altri Comuni scelgano di unirsi a questo percorso, per costruire insieme un sistema agricolo più giusto. Allo stesso tempo, vogliamo esprimere il nostro sostegno alle piccole realtà agricole locali, che ogni giorno lavorano con cura e rispetto per la terra, rappresentando un’alternativa concreta e preziosa».

Gli impatti dell’allevamenti intensivi sull’ambiente

Gli impatti degli allevamenti intensivi sull’ambiente e le implicazioni connesse alla salute umana sono ormai ampiamente documentati: a livello nazionale il settore zootecnico è responsabile di oltre due terzi delle emissioni nazionali di ammoniaca (seconda fonte di formazione delle polveri fini, PM2,5, che causano decine di migliaia di morti premature ogni anno) e dell’inquinamento causato da eccessivi carichi di azoto e derivati nel terreno e nelle acque, con l’Italia sotto procedura d’infrazione per il mancato adeguamento alla Direttiva nitrati e il mancato raggiungimento di “buono stato” di tutte le acque, come previsto dalla Direttiva acque. Per questo, nel marzo 2024, Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF Italia hanno presentato a Montecitorio la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi”, a oggi sostenuta da 23 parlamentari di cinque diverse forze politiche, da decine di associazioni e comitati, ma ancora in attesa di discussione in Commissione Agricoltura alla Camera.

La proposta 1760

La proposta 1760 punta inoltre a rendere protagoniste le piccole aziende agricole zootecniche in Italia, incoraggiando la transizione ecologica di quelle grandi e medie attraverso un piano di riconversione del sistema finanziato con un fondo dedicato. Prevede nell’immediato una moratoria all’apertura di nuovi allevamenti intensivi e all’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti. Stabilisce, inoltre, che vengano definiti criteri e modalità per la riorganizzazione produttiva degli allevamenti intensivi e il riconoscimento di adeguate risorse economiche per il sostegno ad aziende che già adottano buone pratiche agro-ecologiche e rispettose del benessere animale. A tal fine, prevede l’istituzione di un tavolo di partenariato tra attori economici, sociali, agenzie ed enti di ricerca per la redazione di un Piano nazionale di riconversione: in questa partita i Comuni, quali enti più vicini alla cittadinanza, hanno un ruolo cruciale nel promuovere politiche locali a favore di sostenibilità ambientale, socio-economica e salute pubblica, seguendo l’esempio dei primi tre Comuni che hanno scelto di agire.

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