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Amazzonia a rischio clima ipertropicale: caldo estremo e siccità entro il 2100

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Amazzonia a rischio clima ipertropicale: caldo estremo e siccità entro il 2100

La foresta pluviale amazzonica potrebbe presto affrontare condizioni climatiche mai sperimentate sulla Terra da decine di milioni di anni. Secondo un nuovo studio pubblicato su Nature, la regione si sta avvicinando a quello che gli scienziati definiscono un clima ipertropicale, caratterizzato da temperature più elevate, maggiore aridità e instabilità climatica.

Questo cambiamento rischia di innescare diffuse morie di alberi e di compromettere uno dei più importanti pozzi di carbonio del pianeta, con conseguenze che potrebbero estendersi ben oltre il Sud America.

Cos’è il clima ipertropicale

Gli autori dello studio definiscono ipertropicali quei climi che risultano più caldi del 99 per cento delle condizioni tropicali storiche e segnati da siccità molto più frequenti e intense. Un clima di questo tipo non ha equivalenti nella storia moderna della Terra ed era presente nei tropici solo quando il pianeta era molto più caldo, tra 10 e 40 milioni di anni fa.

A differenza delle attuali foreste tropicali, dove le temperature sono relativamente stabili e le piogge sostengono una vegetazione rigogliosa tutto l’anno, un clima ipertropicale porterebbe caldo estremo, stagioni secche prolungate e un aumento del rischio di eventi meteorologici violenti.

Fino a 150 giorni di siccità calda entro il 2100

Secondo i ricercatori, senza una drastica riduzione delle emissioni di gas serra, l’Amazzonia potrebbe affrontare fino a 150 giorni all’anno di cosiddetta siccità calda entro la fine del secolo. Si tratta di periodi in cui la mancanza di pioggia si combina con temperature eccezionalmente elevate.

Questi eventi potrebbero verificarsi anche nei mesi che oggi coincidono con il picco della stagione delle piogge, come marzo, aprile e maggio, quando condizioni così estreme sono attualmente rare o quasi inesistenti.

Come reagiscono gli alberi a caldo e aridità

Lo studio, guidato da ricercatori dell’Università della California, Berkeley, si basa su oltre 30 anni di dati raccolti in parcelle di ricerca a nord di Manaus, nel Brasile centrale. I sensori installati nei tronchi degli alberi hanno permesso di osservare in dettaglio le reazioni delle piante allo stress climatico.

Durante le recenti siccità legate al fenomeno El Niño, i ricercatori hanno individuato due principali punti di rottura. Quando l’umidità del suolo scendeva a circa un terzo dei livelli normali, molti alberi chiudevano i pori delle foglie per ridurre la perdita d’acqua, interrompendo però l’assorbimento di anidride carbonica necessario alla crescita e alla riparazione dei tessuti.

Il calore prolungato ha inoltre causato la formazione di bolle nella linfa, bloccando il trasporto dell’acqua all’interno degli alberi, un processo paragonato a un’embolia nel sistema circolatorio umano.

Le specie più vulnerabili

Le specie a crescita rapida, caratterizzate da legno a bassa densità, si sono dimostrate particolarmente vulnerabili, con tassi di mortalità più elevati rispetto agli alberi dal legno più denso. Questo aspetto solleva preoccupazioni specifiche per le foreste secondarie, che si rigenerano dopo disturbi causati dall’uomo o da eventi naturali.

Secondo l’autore principale Jeff Chambers, queste foreste potrebbero essere più esposte agli effetti del clima ipertropicale proprio perché ospitano una maggiore percentuale di specie sensibili allo stress idrico e termico.

Aumento apparentemente piccolo, ma con effetti enormi

Attualmente la mortalità annuale degli alberi in Amazzonia è poco superiore all’1 per cento. I ricercatori stimano che potrebbe salire a circa l’1,55 per cento entro il 2100. Sebbene l’aumento possa sembrare limitato, anche mezzo punto percentuale in più, applicato a una foresta delle dimensioni dell’Amazzonia, equivale alla perdita di un numero enorme di alberi.

Il fatto che segnali simili siano stati osservati in diversi siti e durante più siccità indica che la risposta della foresta al caldo e all’aridità è coerente e prevedibile.

Le conseguenze globali del declino dell’Amazzonia

Le foreste tropicali assorbono più carbonio di qualsiasi altro ecosistema terrestre. Quando però sono sottoposte a stress, la loro capacità di assorbimento diminuisce drasticamente. In alcuni anni particolarmente secchi, parti dell’Amazzonia hanno addirittura rilasciato più carbonio di quanto ne abbiano immagazzinato.

Con l’aumento delle temperature globali, un indebolimento del ruolo dell’Amazzonia come pozzo di carbonio potrebbe accelerare ulteriormente il riscaldamento del pianeta, innescando un circolo vizioso. Negli ultimi anni, caldo e siccità hanno già favorito stagioni di incendi gravi in diverse foreste pluviali, liberando grandi quantità di carbonio e mettendo sotto pressione interi ecosistemi.

Un rischio che riguarda anche altre foreste tropicali

Secondo gli autori, ciò che sta accadendo in Amazzonia potrebbe presto interessare anche altre regioni tropicali. Le foreste pluviali dell’Africa occidentale e del Sud-est asiatico potrebbero affrontare rischi simili, a seconda della rapidità e dell’entità con cui verranno ridotte le emissioni di gas serra.

Il messaggio finale dello studio è chiaro: il futuro dell’Amazzonia e delle foreste tropicali dipende dalle scelte che verranno fatte oggi. Senza un’azione decisa contro il cambiamento climatico, un clima ipertropicale potrebbe diventare realtà molto prima di quanto si immagini.

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