Loading Now

Fumo e incendi agricoli: l’aria dell’Amazzonia più inquinata di quella di Pechino

amazzonia

Fumo e incendi agricoli: l’aria dell’Amazzonia più inquinata di quella di Pechino

La popolazione che vive nel cuore della foresta amazzonica respira aria più inquinata di quella delle grandi metropoli mondiali. È quanto emerge dal nuovo studio di Greenpeace International “Toxic Skies: How Agribusiness is Choking the Amazon”, che denuncia l’impatto devastante degli incendi appiccati per liberare terreni destinati al pascolo e alla produzione agricola.

Secondo i ricercatori, nelle stagioni degli incendi del 2024 e del 2025 le concentrazioni di polveri sottili (PM2.5) hanno raggiunto livelli fino a venti volte superiori ai limiti raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), rendendo l’Amazzonia una delle aree più inquinate del pianeta.

L’aria più inquinata di Pechino

Lo studio, sottoposto a revisione scientifica, ha analizzato la qualità dell’aria in diverse località dell’Amazzonia brasiliana, tra cui Porto Velho (Rondônia) e Lábrea (Amazonas).

I risultati indicano che, durante la stagione degli incendi, i livelli giornalieri di PM2.5 hanno superato di venti volte i limiti stabiliti dall’OMS. Anche nel 2025, nonostante un numero inferiore di roghi rispetto all’anno precedente, le concentrazioni sono rimaste sei volte oltre la soglia di sicurezza.

Queste condizioni di inquinamento estremo sono causate in larga misura dagli incendi dolosi legati all’agrobusiness. Gli allevamenti intensivi e le coltivazioni per la mangimistica rappresentano le principali cause della distruzione forestale e dell’emissione di particolato tossico.

Gli effetti sulla salute delle comunità amazzoniche

L’inquinamento atmosferico provocato dagli incendi ha gravi ripercussioni sanitarie. Nei periodi di maggiore attività dei roghi, gli ospedali della regione hanno registrato un forte aumento dei ricoveri per patologie respiratorie e cardiovascolari, in particolare tra bambini e anziani.

Secondo le stime riportate da Greenpeace, il fumo degli incendi agricoli ha contribuito a decine di migliaia di morti premature e ospedalizzazioni nell’ultimo decennio. Migliorare la qualità dell’aria fino agli standard dell’OMS potrebbe aumentare l’aspettativa di vita fino a 2,9 anni negli stati più colpiti, come Rondônia e Amazonas.

L’agrobusiness nel mirino

Il rapporto evidenzia che la quasi totalità degli incendi nell’Amazzonia brasiliana avviene in aree destinate allo sfruttamento agricolo. Tra il 2019 e il 2024, oltre 30 milioni di ettari di foresta – un’estensione pari alla superficie dell’Italia – sono stati bruciati nel raggio di 360 chilometri intorno agli stabilimenti di JBS, la più grande azienda produttrice di carne al mondo.

Questo dato mette in luce il rischio che le catene di approvvigionamento dell’industria della carne siano indirettamente legate all’uso intenzionale del fuoco, una pratica ancora diffusa nonostante i suoi impatti ambientali e sanitari.

JBS, interpellata da Greenpeace, ha contestato la metodologia adottata nello studio, sostenendo che il raggio di 360 chilometri non rispecchi accuratamente la sua catena di fornitura e le politiche di monitoraggio in atto. Tuttavia, secondo gli autori, il rischio rimane elevato e sistemico per l’intero settore.

L’appello di Greenpeace

Greenpeace International chiede ai governi che parteciperanno alla COP30 di Belém di adottare un Piano d’Azione per le Foreste, in linea con l’obiettivo delle Nazioni Unite di fermare e invertire la deforestazione entro il 2030.

L’organizzazione invita inoltre governi e istituzioni finanziarie a interrompere i rapporti commerciali con i produttori di carne e mangimi responsabili della distruzione forestale, e a investire invece in sistemi alimentari equi, sostenibili e accessibili alle comunità locali e indigene.

Share this content: