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Batteri “mangia-PFAS” scoperti in Veneto

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Batteri “mangia-PFAS” scoperti in Veneto

Un gruppo di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Piacenza, ha isolato circa 20 specie di batteri in grado di degradare i PFAS, le sostanze chimiche note come “inquinanti eterni”. Questi composti, resistenti alla degradazione ambientale, sono presenti ovunque: nei cosmetici, nei contenitori per alimenti, nei tessuti tecnici, nei detergenti. Ma finiscono anche nelle nostre acque e persino nel sangue umano.

Coordinato dal prof. Edoardo Puglisi della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Università di Padova (gruppo del prof. Giancarlo Renella) e presentato durante il 35° congresso europeo della SETAC, la Società di Chimica e Tossicologia Ambientale.

Cosa sono i PFAS e perché sono così pericolosi

I PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono molecole altamente stabili grazie al forte legame carbonio-fluoro. Questa caratteristica le rende resistenti alla degradazione naturale e quindi persistenti nell’ambiente. Per questo motivo vengono definiti “inquinanti eterni”. La loro presenza è stata rilevata in acque potabili, cibo, animali selvatici e nei tessuti umani, e la scienza continua a studiarne i potenziali effetti sulla salute.

La ricerca

I ricercatori hanno prelevato campioni di suolo contaminato da PFAS nelle aree più colpite del Nord Italia, in particolare in Veneto, nelle province di Vicenza e Padova. Hanno quindi avviato un processo di “arricchimento” microbico, facendo crescere i batteri in ambienti dove l’unica fonte di carbonio disponibile era costituita proprio dai PFAS.

Tecniche utilizzate:

Microbiologia classica per isolare i ceppi batterici

Metabarcoding per identificare la biodiversità microbica e il potenziale di biorisanamento

Analisi genomica per comprendere i meccanismi molecolari di degradazione

I batteri “mangia-PFAS”

I ceppi isolati appartengono a generi noti per il biorisanamento ambientale, come:

Micrococcus

Rhodanobacter

Pseudoxanthomonas

Achromobacter

Secondo il prof. Puglisi, sono batteri facilmente coltivabili, non patogeni per l’uomo e con genomi già sequenziati, un elemento fondamentale per lo sviluppo di applicazioni biotecnologiche.

In laboratorio, questi microrganismi hanno mostrato una capacità di degradazione dei PFAS superiore al 30%, un risultato notevole per questa categoria di composti.

Prospettive future

Il prossimo passo sarà testare i ceppi batterici in esperimenti in vaso e successivamente in condizioni reali. L’obiettivo è quello di valutare l’efficacia del loro utilizzo nel biorisanamento di suoli contaminati da PFAS, aprendo la strada a tecnologie sostenibili e biologiche per la bonifica ambientale.

L’analisi dei genomi potrebbe inoltre portare alla scoperta di geni chiave nella degradazione dei PFAS, con possibili applicazioni anche nel campo delle biotecnologie ambientali.

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