Preapertura caccia, Brambilla contro le Regioni: “Così si distrugge la biodiversità”
Oggi, in 16 Regioni italiane, prende il via la preapertura della stagione venatoria. Un appuntamento ricorrente che ogni anno scatena un acceso dibattito tra sostenitori e oppositori della caccia. Le critiche arrivano forti e chiare da parte delle associazioni per la tutela degli animali e della biodiversità, che denunciano le gravi conseguenze di questa pratica, ritenuta anacronistica e dannosa.
Milioni di animali a rischio
Secondo l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, la caccia rappresenta un rituale crudele che, anche quest’anno, costerà la vita a milioni di uccelli e altri animali selvatici. La stagione venatoria aprirà ufficialmente il 21 settembre, ma già da oggi molte doppiette sono autorizzate a sparare in deroga.
L’allarme è alto per le 15 specie di uccelli cacciabili già nella fase di preapertura. Tra queste, la tortora selvatica in Sicilia, nonostante una richiesta di moratoria avanzata dall’Unione Europea, e il colombaccio, specie che l’ISPRA ha recentemente segnalato in forte declino.
Un contesto ambientale critico ignorato dalle istituzioni
Brambilla sottolinea come le attuali condizioni ambientali, segnate da incendi e alluvioni senza precedenti, non siano tenute in considerazione. Solo nel 2025 si sono verificati oltre 55mila incendi, con un aumento di 6800 casi rispetto al 2024.
Nonostante le raccomandazioni scientifiche e le normative europee che vietano l’attività venatoria durante la stagione riproduttiva, le lobby venatorie continuano a esercitare una forte influenza sulle decisioni regionali. In molte aree, le amministrazioni hanno scelto di autorizzare la caccia anche contro il parere degli esperti.
Caccia e diritti degli animali: violata la nuova legge
Con l’approvazione della Legge Brambilla, in vigore da due mesi, gli animali sono ufficialmente riconosciuti come esseri senzienti portatori di diritti. Una legge che, secondo i critici della caccia, viene oggi sistematicamente disattesa dalle Regioni che permettono l’abbattimento di animali selvatici per scopi ricreativi.
La direttiva europea sulla tutela degli uccelli viene anch’essa messa in discussione, alimentando tensioni tra le autorità italiane e le istituzioni comunitarie. Secondo Brambilla, queste scelte politiche non solo mettono a rischio la biodiversità, ma anche il lavoro di chi si impegna nella sua tutela.
Una pratica in declino
Nonostante il forte impatto ambientale e sociale, la caccia sembra essere in netto calo. Negli anni Ottanta si contavano circa 1,7 milioni di cacciatori in Italia; oggi il numero si sarebbe ridotto a meno di 500mila. Questo trend è confermato anche dal cambiamento culturale: sempre più cittadini, in particolare i giovani, si oppongono alla caccia e chiedono nuove politiche di tutela della fauna.
Anche a livello politico, l’appoggio al mondo venatorio inizia a vacillare. Sempre più esponenti pubblici riconoscono che sostenere questa pratica può risultare impopolare e controproducente in un contesto sociale che guarda con attenzione al benessere animale e alla conservazione della natura.
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