Fur Free Alliance lancia campagna globale contro l’uso di pellicce da parte di Woolrich
La Fur Free Alliance ha annunciato l’avvio di una delle più grandi campagne internazionali contro l’uso di pellicce animali. L’obiettivo è spingere Woolrich, noto marchio di abbigliamento outdoor, ad adottare una politica fur-free, in linea con quanto già fatto da brand come Canada Goose, Moncler, Napapijri, Parajumpers e Patagonia.
Nonostante i ripetuti tentativi di contatto da parte delle organizzazioni animaliste, Woolrich ha finora ignorato le richieste, portando la coalizione – che riunisce oltre 50 ONG in più di 30 paesi – a lanciare un’iniziativa di portata globale.
Le accuse
Secondo la Fur Free Alliance, l’utilizzo di pellicce da parte di Woolrich contrasta apertamente con le dichiarazioni del marchio in merito all’impegno per la sostenibilità. La produzione di pellicce animali è considerata tra le meno etiche e più inquinanti nel settore della moda.
Simone Pavesi, responsabile dell’Area Moda Animal Free di LAV, sottolinea come l’impiego di pellicce derivi da pratiche di allevamento intensivo e cattura in natura altamente cruente, incompatibili con una visione moderna e responsabile dell’industria tessile.
Le origini delle pellicce usate da Woolrich
Woolrich, ricorda la Fur Free Alliance, utilizza pellicce di animali provenienti sia da allevamenti intensivi, sia da catture in natura. Tra le specie coinvolte ci sono cani procione, volpi e coyote.
Negli allevamenti, gli animali vivono confinati in gabbie metalliche, senza possibilità di esprimere comportamenti naturali, e vengono uccisi con metodi come il gas o l’elettrocuzione.
Nel caso dei coyote, si tratta di animali catturati con trappole dolorose e non selettive, spesso lasciati agonizzare per giorni prima di essere uccisi in modo brutale. Queste pratiche sono state duramente criticate anche da enti scientifici, come l’Agenzia europea EFSA.
Un impatto ambientale devastante
Oltre alla sofferenza animale, la produzione di pellicce comporta gravi danni ambientali. Gli allevamenti e le concerie rilasciano sostanze chimiche tossiche nel suolo e nelle acque, con conseguenze pesanti per gli ecosistemi locali.
Le trappole utilizzate per catturare animali selvatici rappresentano inoltre un pericolo per molte specie non target, inclusi animali domestici e specie protette.
I divieti nel mondo e il cambiamento del mercato
Negli ultimi anni, 22 paesi europei – tra cui l’Italia – hanno vietato la produzione di pellicce, riconoscendo i rischi per il benessere animale, l’ambiente e la salute pubblica.
Anche le normative sulla vendita si stanno evolvendo: in California, Israele, e in numerose città statunitensi è già in vigore un divieto alla vendita di prodotti di pellicceria. Dal 1° luglio 2025, anche la Svizzera ha introdotto un divieto all’importazione di pellicce ottenute con metodi crudeli, con un periodo transitorio di due anni.
I precedenti
La Fur Free Alliance ha già ottenuto importanti risultati. Nel 2023, la coalizione ha condotto una campagna globale contro Max Mara, ricevendo oltre 270.000 e-mail di protesta e migliaia di contatti diretti.
L’anno successivo, il brand italiano ha annunciato ufficialmente la fine dell’uso di pellicce, unendosi a una lunga lista di marchi di moda che hanno già abbandonato questa pratica, tra cui Gucci, Armani, Hugo Boss e molti altri.
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