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Mangiamo carne di squalo senza saperlo: l’Italia tra i principali importatori

carne squalo

Mangiamo carne di squalo senza saperlo: l’Italia tra i principali importatori

Oggi 14 luglio si celebra la Giornata Mondiale dello Squalo, un’occasione per accendere i riflettori su una delle crisi ambientali più gravi e ignorate del nostro tempo. Gli squali – insieme a razze e chimere – sono tra le specie più vulnerabili del pianeta. Secondo l’IUCN, oltre il 37% di queste specie è oggi minacciato di estinzione. Nel Mediterraneo la situazione è ancora più critica: più della metà delle 86 specie presenti rischia di scomparire, rendendo questo bacino un vero e proprio hotspot dell’emergenza.

Eppure, nonostante l’allarme scientifico, la loro carne continua ad arrivare sulle nostre tavole. Spesso in modo invisibile.

Il problema nascosto nei piatti degli italiani

Lo rivela uno studio pubblicato su Marine Policy in collaborazione con il WWF: l’Italia è stabilmente nella top 5 mondiale per l’importazione di carne di squalo. Tra il 2017 e il 2023, il nostro Paese ha importato oltre 43.000 tonnellate, provenienti principalmente dalla Spagna e dalla Francia. Si tratta di un commercio in costante crescita, favorito da etichettature poco trasparenti e da una scarsa consapevolezza da parte dei consumatori.



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Secondo l’indagine, il 93% degli italiani dichiara di non aver mai acquistato carne di squalo. Ma c’è un dato che racconta tutta la complessità del fenomeno: il 28% ha comunque mangiato specie come verdesca, gattuccio o palombo – tutti squali – senza saperlo.

Perché è un problema (anche per l’ambiente)

Gli squali non sono solo vittime della pesca intensiva e della disinformazione: sono anche ingranaggi fondamentali negli equilibri degli ecosistemi marini. Predatori al vertice della catena alimentare, regolano la popolazione delle altre specie e contribuiscono alla salute degli oceani. La loro scomparsa rischia di alterare irreversibilmente interi habitat.

E non è solo una questione ecologica: il declino degli squali minaccia anche la sicurezza alimentare delle comunità costiere, l’economia della pesca e persino il turismo.

Come (inconsapevolmente) li mangiamo

Molti squali finiscono nei nostri piatti sotto altri nomi: palombo, smeriglio, verdesca, gattuccio, spinarolo. A volte vengono serviti come “zuppa di pesce”, altre volte finiscono nei banconi del fresco con etichette generiche come “pesce” o “filetti misti”.

Il problema è che l’attuale sistema di etichettatura è spesso insufficiente. Secondo la normativa europea, ogni prodotto ittico dovrebbe riportare chiaramente:

  • Denominazione commerciale e nome scientifico
  • Zona FAO di cattura
  • Metodo di produzione (pesca o allevamento)
  • Tipo di attrezzo da pesca utilizzato

Ma troppe volte queste informazioni mancano, sono incomplete o fuorvianti. Così il consumatore non ha gli strumenti per fare una scelta consapevole.

Cosa possiamo fare come cittadini

Il WWF lancia un appello chiaro: dire no al consumo di squali e razze, almeno fino a quando non verranno introdotte misure di gestione realmente efficaci. Ma nel frattempo, ognuno può fare la propria parte.

Come?

  • Leggendo sempre l’etichetta dei prodotti ittici (soprattutto al ristorante o in pescheria)
  • Familiarizzando con i nomi comuni degli squali (non fidarsi dei nomi generici)
  • Evitando l’acquisto di pesce con etichettature poco chiare o incomplete
  • Informandosi sui rischi per la salute: la carne di squalo può contenere alti livelli di mercurio e altri metalli pesanti

La risposta europea: il progetto LIFE PROMETHEUS

Una speranza concreta arriva dal progetto LIFE PROMETHEUS, cofinanziato dall’Unione Europea e guidato dal WWF insieme a ISPRA e CSIC. Il progetto, attivo dal 2024, punta a ridurre le catture accidentali di squali, proteggere le aree di riproduzione, promuovere il turismo sostenibile e educare i consumatori su alternative più sostenibili (es. specie invasive).

Tra le azioni già in corso:

  • Indagini sui pescatori in Sardegna per mappare la presenza di squali e razze
  • Campagne di marcatura e rilascio nelle Isole Baleari
  • Tracciamento satellitare di specie minacciate per identificarne i movimenti e le zone critiche

Il Mediterraneo non può perdere i suoi squali

In occasione della Giornata Mondiale dello Squalo, il messaggio è chiaro: trasparenza, tracciabilità e informazione devono diventare la regola, non l’eccezione. Per salvare gli squali serve un impegno collettivo, fatto di leggi più severe, controlli più efficaci e cittadini più consapevoli.

Perché la prossima volta che ordiniamo del “palombo alla griglia”, potremmo essere complici – inconsapevoli, ma non per questo innocenti – della scomparsa di una delle creature più antiche e affascinanti degli oceani.

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