Il Climate Action Tracker conferma lo stallo della Terra: riscaldamento ancora verso 2,6 °C
A dieci anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, il dibattito internazionale sul clima entra in una fase critica. Il nuovo aggiornamento del Climate Action Tracker, presentato durante i negoziati in corso a Belém, evidenzia come la traiettoria del riscaldamento globale sia rimasta praticamente invariata per il quarto anno consecutivo. Le emissioni globali non mostrano cali significativi dal 2020, complice l’espansione costante delle infrastrutture legate ai combustibili fossili.
Target climatici 2030 e 2035
Il dato più emblematico riguarda lo scenario basato sui target al 2030 e al 2035 presentati dai governi. Nonostante la nuova scadenza abbia spinto diversi Paesi ad aggiornare i propri documenti, la proiezione di riscaldamento rimane ferma a 2,6 °C, lo stesso valore dello scorso anno. La mancanza di progressi significativi negli obiettivi 2030, considerati essenziali per mantenere vivo il limite di 1,5 °C, continua a rappresentare il principale ostacolo.
Un apparente miglioramento riguarda lo scenario delle politiche attualmente in vigore, che passa da 2,7 °C a 2,6 °C. Tuttavia, non si tratta di un avanzamento reale, ma di un aggiornamento metodologico che estende le proiezioni delle emissioni cinesi fino al 2100. Parallelamente, lo scenario che combina obiettivi intermedi e impegni di neutralità climatica peggiora da 2,1 °C a 2,2 °C, soprattutto a causa del ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, che ha annullato i target precedentemente comunicati.
Un divario sempre più ampio
Il ritardo accumulato nella riduzione delle emissioni ha ampliato quello che il Climate Action Tracker definisce target gap. Tra il 2030 e il 2035 il divario tra gli impegni dei governi e il percorso compatibile con il limite di 1,5 °C crescerà di altri due miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Questo scarto sempre più ampio rende difficile valutare in modo trasparente gli impegni dei singoli Paesi e mina la fiducia tra i negoziatori internazionali.
L’espansione dei combustibili fossili come freno alla transizione
Il report individua nell’espansione dell’industria fossile uno dei principali fattori che impediscono una riduzione significativa delle emissioni. Nuovi contratti per il gas, centrali a carbone operative e grandi progetti di esportazione di combustibili fossili permettono alle emissioni globali di restare vicine ai livelli record degli ultimi cinque anni. Secondo Sofia Gonzales-Zuñiga di Climate Analytics, questa situazione comporta costi crescenti per le comunità più vulnerabili, sempre più esposte a eventi estremi.
Segnali positivi: il ruolo dell’innovazione e delle rinnovabili
Nonostante lo stallo complessivo, il Climate Action Tracker riconosce che dal 2015 alcune dinamiche positive si sono rafforzate. Le politiche adottate in questo decennio hanno ridotto di circa 1 °C la proiezione di riscaldamento al 2100. Per Niklas Höhne del NewClimate Institute, ciò dimostra che l’Accordo di Parigi ha favorito innovazioni e investimenti che altrimenti non sarebbero stati possibili.
L’accelerazione delle energie rinnovabili, in particolare, indica che riduzioni delle emissioni più rapide sono a portata di mano, a condizione che i governi aumentino in modo significativo gli obiettivi per il 2030 e rendano più credibili le politiche climatiche nazionali.
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