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Ghiacciai alpini in pericolo: 170 km2 persi in 60 anni

Ghiacciai alpini in pericolo: 170 km2 persi in 60 anni

Il riscaldamento globale colpisce duramente l’arco alpino, con effetti sempre più evidenti e preoccupanti. I ghiacciai stanno fondendo a ritmi allarmanti, mentre il permafrost, il terreno permanentemente ghiacciato delle alte quote, si sta riscaldando fino a scomparire in alcune zone. Il bilancio della sesta edizione della Carovana dei ghiacciai 2025, promossa da Legambiente, Fondazione Glaciologica Italiana e CIPRA Italia, offre una fotografia chiara: la montagna è in profonda trasformazione.

Ghiacciai alpini in ritirata

In sei decenni, le Alpi italiane hanno perso oltre 170 chilometri quadrati di superficie glaciale, l’equivalente del Lago di Como. Otto i ghiacciai osservati nella campagna 2025: cinque in Italia e tre all’estero. Tra questi, l’Adamello in Lombardia, il più grande delle Alpi italiane, e l’Aletsch in Svizzera, il più vasto dell’intero arco alpino. Tutti accomunati dallo stesso destino: arretramento della fronte, riduzione di spessore e superficie, formazione di morene e colate detritiche.

Il permafrost si riscalda

Particolare attenzione è stata dedicata al permafrost montano, uno degli indicatori meno visibili ma più sensibili del cambiamento climatico. In Germania, ad esempio, si prevede la scomparsa completa del permafrost entro 50 anni. Un recente studio pubblicato su Nature ha documentato un aumento medio della temperatura del permafrost superiore a 1 °C nell’ultimo decennio, con conseguenze dirette sulla stabilità dei versanti montuosi.

I dati del monitoraggio glaciologico

Il monitoraggio dei ghiacciai, effettuato da operatori specializzati in collaborazione con la Fondazione Glaciologica Italiana, ha rilevato fenomeni significativi. Il ghiacciaio di Solda, ad esempio, ha registrato un arretramento di 26 metri in un solo anno, con evidenti segni di crolli, ghiaccio morto e nuove aree boschive dove prima c’era solo ghiaccio. Al Bessanese, in Piemonte, la superficie glaciale si è ridotta da 1,75 a 0,3 km² e il volume perso dal 2010 al 2023 supera i 3,9 milioni di metri cubi.

Gli eventi meteo estremi accelerano il degrado

I cambiamenti climatici rendono la montagna più vulnerabile anche per via di eventi meteorologici estremi, come piogge alluvionali e frane. Il ghiacciaio del Ventina, in Lombardia, ne è un esempio: colate detritiche, lembi di ghiaccio morto e instabilità della morena laterale ne rendono pericoloso l’accesso. Situazioni simili si registrano su altri ghiacciai dell’arco alpino, aggravate dallo zero termico in costante risalita.

L’appello della comunità scientifica

Le organizzazioni promotrici della Carovana dei ghiacciai ribadiscono l’urgenza di agire. Servono misure concrete di adattamento e mitigazione: riduzione delle emissioni, potenziamento delle energie rinnovabili, piani di gestione del rischio e un monitoraggio europeo coordinato. L’esperienza maturata in regioni come il Piemonte, la Germania e la Svizzera può rappresentare un modello per l’intero arco alpino.

Una montagna che cambia

Il ritiro dei ghiacciai sta modificando radicalmente il paesaggio alpino. Dove prima c’erano ghiacci perenni ora si formano laghi glaciali, distese di pietre e nuovi habitat vegetali. Le aree proglaciali possono offrire opportunità per lo sviluppo di servizi ecosistemici, ma richiedono un approccio scientifico e sostenibile per essere gestite correttamente.

Educazione ambientale e sensibilizzazione

La Carovana dei ghiacciai 2025 ha voluto anche sensibilizzare il pubblico sull’importanza di una fruizione consapevole della montagna. Sul sentiero verso il ghiacciaio del Ventina è stata organizzata un’attività di pulizia insieme alla campagna Puliamo il Mondo. Tra i rifiuti raccolti: plastica, sigarette, fazzoletti, ma anche oggetti insoliti come un catetere e dei calzini. Un segnale chiaro della necessità di educare a un maggior rispetto per l’ambiente.

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