Ondate di calore, i media italiani “dimenticano” la crisi climatica
Durante la prima intensa ondata di calore dell’estate 2025, tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, la maggior parte dei principali media italiani ha scelto di non inserire il fenomeno in un contesto più ampio, come quello della crisi climatica. È quanto emerge dal nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace e realizzato dall’Osservatorio di Pavia, che ha analizzato la copertura giornalistica offerta da telegiornali, quotidiani e testate online, inclusi i social. Il quadro che ne emerge è preoccupante: circa il 75% delle notizie non collega esplicitamente le temperature estreme ai cambiamenti climatici in atto.
Una narrazione frammentaria e sensazionalistica
L’analisi dei notiziari serali delle reti Rai, Mediaset e La7 mostra che solo il 23% dei servizi menziona la crisi climatica come elemento esplicativo delle ondate di calore. Tra questi, appena un terzo approfondisce il legame con il riscaldamento globale o ne esplicita le cause antropiche, come le emissioni di gas serra. In altre parole, la crisi climatica è ancora trattata come un tema opzionale, non centrale, persino davanti a eventi estremi che sempre più spesso ne rappresentano manifestazioni dirette. La narrazione si concentra prevalentemente su soluzioni individuali e adattive, come l’idratazione o la permanenza all’ombra, piuttosto che sulla necessità di azioni strutturali per ridurre le emissioni e decarbonizzare l’economia.
TG e quotidiani: poca scienza, molti cittadini
Un altro dato significativo riguarda le fonti delle dichiarazioni. Nei TG generalisti, il 60% delle interviste è rivolto a cittadini comuni, che raccontano come affrontano il caldo nella loro vita quotidiana. Solo nel 16% dei casi si dà spazio a climatologi, medici o meteorologi. Anche il mondo del lavoro e dell’economia è sotto-rappresentato (15%). Nei principali quotidiani italiani (Corriere della Sera, Repubblica, Avvenire, Sole 24 Ore, La Stampa), la situazione migliora leggermente sotto il profilo delle fonti, con l’85% delle dichiarazioni provenienti da esperti o rappresentanti istituzionali, ma la crisi climatica viene menzionata solo in un terzo degli articoli. E, tra questi, appena il 10% si sofferma sulle misure di mitigazione, cioè quelle necessarie a fermare il riscaldamento globale alla radice.
L’informazione si spegne quando il meteo cambia
Il rapporto evidenzia anche una tendenza “rapsodica” dell’attenzione mediatica: l’interesse cresce improvvisamente durante il picco di calore, per poi scomparire non appena le condizioni meteo migliorano. Questo contribuisce a una narrazione emergenziale, che presenta le ondate di calore come eventi episodici e scollegati da un’evoluzione sistemica, invece che come segnali allarmanti di una trasformazione climatica in corso. In questo modo, l’informazione manca di continuità, profondità e soprattutto di visione prospettica.
Sui social domina la disinformazione e la polarizzazione
L’analisi si è estesa anche alla comunicazione su Facebook di dieci testate giornalistiche, incluse quelle a orientamento conservatore come Libero, Il Giornale e La Verità. Su 136 post esaminati, solo 18 collegano il caldo estremo al riscaldamento globale, e di questi appena tre ne citano l’origine antropica. Sui social, la crisi climatica è spesso affrontata con toni ideologici, sminuita, derisa o presentata come parte di un “allarmismo mediatico”. Nei commenti prevalgono retoriche negazioniste o minimizzanti, che negano l’eccezionalità degli eventi (“fa caldo come negli anni ‘50”) e accusano i media di catastrofismo. In alcuni casi, si arriva a sovrapporre la crisi climatica alla pandemia da COVID-19 in chiave complottista, con ironia e sarcasmo come strumenti per delegittimare la comunicazione scientifica.
Il rischio di un’informazione che banalizza la crisi
«Lo studio evidenzia una mancanza di contestualizzazione adeguata e una scarsa attribuzione climatica dei fenomeni estremi», ha dichiarato Simona Abbate di Greenpeace. Il problema, secondo l’organizzazione ambientalista, non è solo quello di sottovalutare il legame tra ondate di calore e riscaldamento globale, ma anche l’assenza di spazio dedicato alle soluzioni strutturali, come l’eliminazione dei combustibili fossili, la transizione energetica e la riforma dei modelli produttivi. La crisi climatica, per essere compresa e affrontata, ha bisogno di un’informazione capace di guardare oltre l’emergenza e di raccontare anche le trasformazioni possibili, con responsabilità, rigore e continuità.
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