Il costo climatico della salute: la sanità contribuisce al 4,4% delle emissioni
Il sistema sanitario, cuore della salute pubblica, ha un impatto ambientale significativo che finora è rimasto in secondo piano. Secondo il rapporto OCSE “Decarbonising Health Systems Across OECD Countries”, il 4,4% delle emissioni totali di gas serra nei Paesi membri è generato proprio dal settore sanitario. Un dato superiore a quello dell’aviazione e che coinvolge ospedali, dispositivi medici, farmaci e servizi sanitari. Per affrontare questa sfida, servono politiche integrate, tecnologie sostenibili e una visione rinnovata dell’assistenza. Anche l’Italia è chiamata a ripensare la propria organizzazione sanitaria in chiave ambientale.

Le emissioni del settore sanitario
Il rapporto OCSE evidenzia come la sanità rappresenti una delle fonti principali di emissioni di gas serra. Solo gli ospedali sono responsabili di circa il 30% delle emissioni del settore, in gran parte a causa dell’elevato consumo energetico nelle terapie intensive. Il restante 70% è distribuito tra farmaci, dispositivi medici, servizi diagnostici e supply chain globali.
Riorganizzare l’assistenza per ridurre le emissioni
Spostare l’assistenza sanitaria dall’ospedale al territorio è una delle principali strategie individuate per ridurre l’impronta ambientale. Rafforzare l’assistenza primaria, ridurre i ricoveri evitabili e promuovere cure appropriate permette di abbattere fino al 25% delle emissioni ospedaliere, con benefici anche sulla qualità delle cure e sull’efficienza del sistema.
Prodotti sanitari: il ruolo delle scelte cliniche sostenibili
Alcuni prodotti clinici possono essere sostituiti con alternative meno impattanti senza compromettere la qualità delle cure:
I gas anestetici, come il desflurano, possono essere sostituiti con composti a minore impronta climatica.
Gli inalatori spray contenenti HFC per asma e BPCO possono lasciare spazio a dispositivi a polvere secca o a nebbia soffice, clinicamente equivalenti ma molto più sostenibili.
Nonostante queste soluzioni esistano, la loro adozione è ancora limitata e i dati ambientali sui prodotti sanitari restano scarsi, ostacolando decisioni informate da parte di medici e amministratori.
Catene di fornitura: la sfida delle emissioni indirette
Il 79% delle emissioni sanitarie nasce lungo le catene di fornitura globali, ben oltre i confini degli ospedali. Metà di queste proviene da Paesi diversi da quelli in cui le cure sono erogate. Questo rende difficile un controllo diretto da parte dei singoli sistemi sanitari. L’OCSE suggerisce l’adozione di politiche di green procurement e standard internazionali per rendere più sostenibile la produzione e la fornitura di beni sanitari.
Sanità e ambiente
Molte politiche ambientali portano vantaggi anche alla salute. Secondo l’OCSE, promuovere diete a base vegetale nei Paesi membri permetterebbe di ridurre le emissioni annuali di oltre 300 MtCO₂eq e salvare 27 mila vite all’anno. Anche l’uso di trasporto attivo e il contrasto all’inquinamento atmosferico migliorano sia l’ambiente che la salute cardiovascolare delle popolazioni.
Il caso italiano
In Italia, il tema della decarbonizzazione sanitaria è ancora agli inizi. Alcune iniziative locali sono state avviate, soprattutto nel campo dell’efficienza energetica degli edifici sanitari grazie ai fondi europei. Tuttavia, manca una visione nazionale integrata che affronti in modo sistemico l’impatto ambientale del Servizio Sanitario Nazionale.
Le priorità per la sanità italiana
Le leve di intervento proposte a livello internazionale sono applicabili anche al contesto italiano:
Rafforzare l’assistenza territoriale per ridurre i ricoveri inappropriati.
Adottare tecnologie cliniche più sostenibili, come anestetici e inalatori a basso impatto.
Introdurre criteri ambientali nei bandi pubblici e nelle gare d’appalto sanitarie.
Sfruttare i fondi del PNRR per realizzare ospedali a basse emissioni e resilienti, definendo standard ambientali specifici per il settore sanitario.
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