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Mining nei fondali marini, WWF: l’Italia aderisca alla moratoria globale

Mining nei fondali marini, WWF: l’Italia aderisca alla moratoria globale

La scorsa settimana la Norvegia ha preso una decisione storica, sospendendo tutte le attività di estrazione mineraria dai fondali marini per i prossimi quattro anni. Non verranno rilasciate nuove licenze né per l’esplorazione né per l’estrazione in acque profonde. Questo passo segue le crescenti preoccupazioni dei cittadini norvegesi, che hanno spinto il governo a fermare qualsiasi avanzamento del deep seabed mining (DSM).

L’annuncio arriva dopo un intenso dibattito pubblico e politico. Il governo norvegese ha anche previsto un piano che include misure di transizione ecologica, con un aumento degli investimenti nel Fondo Norvegese per gli Investimenti Climatici, risorse per la protezione delle foreste nazionali e un incremento delle tasse sul CO2 per il settore petrolifero e del gas.

Il rischio di danni irreversibili

Il principale motivo dietro la sospensione del deep seabed mining in Norvegia è il principio di precauzione. Gli scienziati avvertono che l’estrazione mineraria dai fondali marini potrebbe avere conseguenze devastanti per l’equilibrio degli ecosistemi marini. Lo sfruttamento minerario potrebbe alterare irreversibilmente i sedimenti, i nutrienti e gli organismi marini, danneggiando la capacità degli oceani di immagazzinare carbonio.

Le profondità marine, infatti, rappresentano il più grande deposito di carbonio del pianeta, e qualsiasi disturbo in questa zona potrebbe amplificare il riscaldamento globale. Inoltre, lo scarico di residui minerari potrebbe contaminare la catena alimentare marina con metalli pesanti, minacciando le industrie della pesca e l’intero ecosistema.

Le sfide dell’estrazione mineraria sottomarina

Nonostante le dichiarazioni delle aziende coinvolte, il WWF sottolinea che oggi non esistono tecnologie sufficientemente avanzate per valutare accuratamente gli impatti ambientali del deep seabed mining. Meno del 5% degli ecosistemi marini di profondità è stato studiato in modo adeguato, rendendo difficile prevedere le conseguenze a lungo termine.

Le attività di DSM comportano rischi economici e reputazionali significativi per gli istituti finanziari, considerando che le licenze potrebbero essere ritardate o non concesse a causa delle preoccupazioni ambientali.

La situazione in Italia

In Italia, mentre cresce l’attenzione internazionale sulla necessità di una moratoria sul deep seabed mining, è in discussione il Disegno di Legge C. 2521, già approvato dal Senato, che riguarda la sicurezza delle attività subacquee. Il testo propone la creazione di una nuova Agenzia per il coordinamento delle attività sotto la superficie del mare, inclusi esplorazione e estrazione mineraria.

Seppur non introdurrà norme specifiche per il DSM, questo disegno di legge potrebbe aprire la strada a future attività minerarie sottomarine in Italia. La proposta sta suscitando preoccupazioni, soprattutto per l’onere economico che comporterebbe la creazione di una nuova agenzia, la quale avrebbe un costo significativo per le finanze pubbliche.

Il WWF chiede una moratoria globale

Il WWF Italia è parte di una coalizione internazionale che chiede una moratoria globale sul deep seabed mining. Al momento, 40 Paesi, tra cui Francia, Germania, Spagna, Danimarca, Brasile, Canada e Regno Unito, hanno aderito a questa iniziativa, così come grandi aziende come Google, Apple, BMW e Samsung.

Giulia Prato, Responsabile Mare del WWF Italia, ha commentato: «La scelta della Norvegia dimostra che applicare il principio di precauzione sul deep seabed mining è possibile e necessario. L’Italia non può restare indietro. Serve un impegno chiaro per la moratoria globale e la rapida ratifica del BBNJ».

L’accordo BBNJ e gli obblighi internazionali dell’Italia

Nel 2023, l’Italia ha firmato l’accordo internazionale sulla conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità marina in aree al di fuori della giurisdizione nazionale (BBNJ). Tuttavia, il nostro Paese non ha ancora proceduto con la ratifica di questo accordo, nonostante faccia parte della coalizione che ne promuove una rapida attuazione.

Per rispettare gli impegni internazionali, incluso l’accordo di Kunming-Montreal, che impegna l’Italia al ripristino del 30% degli ecosistemi degradati e alla protezione del 30% delle acque marine entro il 2030, è fondamentale che il governo italiano ratifichi prontamente il BBNJ. Se possibile, questa ratifica dovrebbe avvenire entro l’inizio del 2024, prima dell’entrata in vigore del trattato prevista per il 17 gennaio 2026.

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