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Dispersioni di metano in Italia, l’allarme di Legambiente sulle infrastrutture del gas

Dispersioni di metano in Italia, l’allarme di Legambiente sulle infrastrutture del gas

In Italia le dispersioni di metano dalle infrastrutture del gas continuano a rappresentare una questione ambientale e climatica di primo piano. Perdite dovute a manutenzione assente o insufficiente e pratiche di venting, ovvero il rilascio diretto di metano in atmosfera, contribuiscono a uno spreco significativo di gas fossile e all’aumento delle emissioni climalteranti.

A lanciare l’allarme è Legambiente con il report “Italia hub degli sprechi”, che presenta i risultati della terza edizione della campagna nazionale “C’è Puzza di Gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, realizzata su incarico dell’Environmental Investigation Agency nell’ambito del Methane Matters Coalition.

Il monitoraggio sulle infrastrutture del gas

Il monitoraggio ha riguardato 61 infrastrutture della rete del gas fossile distribuite in otto regioni italiane: Basilicata, Piemonte, Campania, Marche, Lombardia, Veneto, Umbria e Calabria. Le dispersioni rilevate risultano in media 56 volte superiori alla concentrazione atmosferica di metano, pari a circa 2 ppm.

La concentrazione media complessiva misurata su 153 componenti, tra flange, valvole e giunzioni, ha raggiunto 111,7 ppm. Un valore che colloca le emissioni in una fascia di livello medio, ma che nasconde un quadro di criticità diffuse lungo l’intera rete monitorata.

Emissioni oltre le soglie di sicurezza climatica

Secondo i dati raccolti, il 55,3% delle misurazioni supera la soglia dei 10 ppm, oltre la quale le emissioni di metano non possono più essere considerate trascurabili dal punto di vista climatico. Analizzando le singole componenti, cinque presentano concentrazioni superiori ai 1.000 ppm, rientrando nella fascia di livello alto.

Tra i casi più significativi emergono la stazione di valvola di Jesi, con due flange a 2.665 ppm, l’impianto di regolazione e misura di Settimo Torinese con tubi di sfiato a oltre 2.000 ppm e la cameretta di misura di Grumento Nova, in Basilicata, con una media di 1.653 ppm. Si tratta di valori che indicano dispersioni rilevanti e potenzialmente evitabili.

Dati sottostimati e limiti del monitoraggio

Legambiente sottolinea che i dati emersi sono probabilmente sottostimati. Le misurazioni sono state effettuate a distanza, al di fuori del perimetro degli impianti, utilizzando un “naso elettronico” basato su tecnologia di assorbimento a infrarossi. Se le rilevazioni fossero avvenute a pochi centimetri dalle componenti monitorate, le concentrazioni riscontrate sarebbero state con ogni probabilità più elevate.

Questo elemento rafforza la necessità di sistemi di monitoraggio più capillari e continui, in linea con quanto previsto dal Regolamento europeo sul metano.

Il ritardo dell’Italia e le criticità normative

Secondo Legambiente, in Italia il tema delle dispersioni di metano non è ancora considerato una priorità politica, nonostante l’urgenza di affrontarlo per contrastare il cambiamento climatico e ridurre la dipendenza dal gas fossile. Pesano anche i ritardi nell’attuazione del Regolamento europeo sul metano, che introduce obblighi più stringenti di monitoraggio, controllo e riduzione delle emissioni.

Su 11 scadenze previste per il 2025, solo sette risultano rispettate. Restano aperte questioni cruciali come l’introduzione delle sanzioni e l’approvazione delle autorità competenti, mentre gli standard sulle importazioni di gas sono rinviati di diversi anni.

Le sette proposte di Legambiente per ridurre le emissioni

Per affrontare in modo strutturale il problema, Legambiente avanza sette proposte rivolte alle istituzioni italiane. Tra queste, il rispetto rigoroso delle scadenze europee, la cooperazione con i Paesi esportatori di combustibili fossili, la definizione di un piano nazionale di riduzione delle emissioni di metano e l’introduzione di sanzioni severe per pratiche come venting e flaring.

L’associazione chiede inoltre monitoraggi mensili delle perdite, standard chiari per gli operatori del settore, la chiusura e bonifica dei pozzi inattivi e il riconoscimento della manutenzione degli impianti come requisito minimo obbligatorio.

Il potenziale di riduzione delle emissioni nel settore energetico

Nel report viene evidenziato come il settore energetico rappresenti in Italia l’ambito con il maggiore potenziale di riduzione immediata delle emissioni di metano. A differenza di altri settori, come agricoltura e rifiuti, qui sono già disponibili soluzioni tecnologiche mature ed economicamente sostenibili.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, anche senza un phase-out delle fonti fossili, l’Italia potrebbe ridurre fino al 65% le emissioni di metano lungo la filiera del petrolio e del gas, generando benefici economici stimati in circa 20 milioni di dollari, in gran parte a costo netto zero.

Metano e transizione energetica

Nonostante questo potenziale, l’Italia non dispone ancora di una strategia concreta e dettagliata sul metano. Nel PNIEC 2024 le misure previste restano generiche e affidate a futuri sviluppi tecnologici, come l’uso di droni, satelliti e intelligenza artificiale.

Secondo Legambiente, ridurre rapidamente le dispersioni di metano è una delle azioni più efficaci e immediate per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Un intervento che permetterebbe non solo di tagliare le emissioni, ma anche di ridurre gli sprechi, abbassare i costi energetici e accelerare la transizione verso un sistema energetico più sostenibile.

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