DL Transizione 5.0, associazioni ambientaliste all’attacco: rischia di creare nuovi problemi
Il Decreto Legge Transizione 5.0, recentemente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, introduce modifiche importanti alla definizione delle aree idonee per la realizzazione di impianti di energia rinnovabile. Questo decreto, che sostituisce le precedenti disposizioni del DL Energia, è stato criticato dalle associazioni ambientaliste Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF. Nonostante alcuni passi in avanti, le criticità e le incertezze continuano a prevalere, sollevando dubbi sulla reale capacità di accelerare la transizione energetica in Italia.
Riforma incompleta
Le principali associazioni ambientaliste italiane hanno evidenziato numerosi aspetti problematici nel DL Transizione 5.0. In particolare, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e WWF hanno sottolineato la preoccupante frammentazione normativa che continua a caratterizzare il settore delle energie rinnovabili. L’introduzione di modifiche per decreto-legge, invece che attraverso una legge ordinaria, non solo aumenta la confusione, ma rischia di complicare ulteriormente l’adozione di politiche coerenti a livello nazionale e regionale.
Le associazioni ambientaliste mettono in evidenza anche il problema delle aree idonee, che, nonostante alcune correzioni, continuano a essere una fonte di conflitto tra le istituzioni e un ostacolo per gli investimenti. La definizione di queste aree in modo separato e disorganico, senza una visione integrata e armonizzata, non fa che aumentare l’incertezza e disincentivare gli attori del settore.
La frammentazione normativa: un ostacolo per la transizione
Una delle critiche principali delle associazioni ambientaliste riguarda il moltiplicarsi delle sedi istituzionali che intervengono su normative cruciali come quelle relative alle aree idonee per gli impianti di energia rinnovabile. Greenpeace e WWF, tra gli altri, sottolineano come il DL Transizione 5.0 non riesca ad armonizzarsi con altre riforme già in corso, come quella che riguarda il Decreto Legislativo 199/2021 e la revisione del d.lgs. 190/2024. Il risultato è un disordine normativo che rischia di rallentare l’attuazione di politiche concrete e di creare ulteriori difficoltà agli investitori e agli operatori del settore.
Le aree idonee e le aree di accelerazione: criticità e incertezze
Nel contesto della transizione energetica, le aree idonee rappresentano un elemento centrale per lo sviluppo delle energie rinnovabili, ma il DL Transizione 5.0 non chiarisce del tutto il rapporto tra queste aree e le aree di accelerazione previste a livello europeo. Le associazioni ambientaliste temono che, nonostante alcune modifiche che potrebbero snellire le procedure, il processo di selezione delle aree idonee per la realizzazione degli impianti possa diventare un collo di bottiglia per l’attuazione degli obiettivi europei. Le preoccupazioni sono legate al fatto che le leggi regionali possano limitare eccessivamente la possibilità di scegliere le aree idonee, creando un ulteriore ritardo nell’adeguamento alle tempistiche europee.
Modifiche positive e aspetti problematici
Tra gli aspetti positivi del DL Transizione 5.0 c’è l’introduzione di una disposizione che impedisce alle amministrazioni regionali di restringere le aree idonee oltre quanto stabilito dal Governo. Greenpeace, Kyoto Club e Legambiente considerano questa misura come un passo importante per evitare che alcune regioni, come nel caso della Sardegna, dichiarino non idonee ampie superfici, frenando di fatto la realizzazione di impianti di energia rinnovabile.
Tuttavia, la normativa lascia irrisolti alcuni punti critici. Ad esempio, il decreto prevede modifiche all’articolo 11-bis del d.lgs. 190/2024, confermando che le aree idonee comprendano i siti dove sono già installati impianti della stessa fonte. Ma, come sottolineano le associazioni ambientaliste, la norma continua a escludere la possibilità che una variazione dell’area occupata possa riguardare anche gli impianti fotovoltaici a terra in aree agricole. Questo potrebbe limitare fortemente la capacità di adattamento del settore alle nuove esigenze energetiche e agricole, in particolare in un contesto di cambiamento climatico.
Agrivoltaico e fotovoltaico: una distinzione fondamentale
Le associazioni ambientaliste pongono anche l’accento sulla necessità di una maggiore chiarezza sulla distinzione tra impianti fotovoltaici e impianti agrivoltaici. Sebbene il DL Transizione 5.0 tenti di definire cosa si intenda per impianto agrivoltaico, la definizione risultante appare troppo limitante. Secondo Greenpeace, WWF, Kyoto Club e Legambiente, un impianto agrivoltaico dovrebbe essere progettato in base alle necessità agricole, non solo alle tecnologie disponibili. I layout degli impianti devono adattarsi alle colture e non viceversa, affinché le tecnologie possano realmente supportare un’energia rinnovabile integrata con l’agricoltura.
Limiti e fasce di rispetto: impatti sulle aree industriali e agricole
Il decreto prevede l’introduzione di fasce di rispetto attorno a siti industriali e agricoli, ma queste misure non sembrano ben calibrate. La fascia di 350 metri dalle aree agricole, ad esempio, è ritenuta troppo restrittiva da molte associazioni, che ritengono che essa limiti ingiustamente la possibilità di utilizzare terreni agricoli non produttivi o già degradati per la realizzazione di impianti fotovoltaici. Inoltre, la differenza di trattamento tra impianti a biometano e altre tecnologie non trova una giustificazione chiara, alimentando dubbi sulla coerenza della normativa.
L’impatto sulle superfici agricole
Un altro punto critico del DL Transizione 5.0 riguarda il limite fissato alla destinazione di impianti fotovoltaici sulle superfici agricole. Le associazioni ambientaliste criticano il limite massimo del 3% delle superfici agricole utilizzabili, ritenendolo irrazionale. Mentre il limite minimo del 0,8% è giustificato per evitare un uso eccessivo dei suoli agricoli, il tetto del 3% non tiene conto delle esigenze locali e delle vocazioni agricole regionali. Inoltre, le previsioni sul cambiamento climatico e la necessità di garantire la sostenibilità del settore agricolo suggeriscono che occorrerebbe un approccio più flessibile e integrato.
Le aree paesaggistiche: un passo avanti, ma non sufficiente
Infine, il DL Transizione 5.0 introduce una fascia di rispetto di 3 km attorno alle aree sottoposte a vincoli paesaggistici. Seppure un miglioramento rispetto alla precedente fascia di 7 km, questa misura potrebbe ancora limitare la possibilità di utilizzare molte aree per impianti di energia rinnovabile. Greenpeace e Legambiente sottolineano la necessità di chiarire ulteriormente il trattamento delle aree paesaggistiche, in modo che venga rispettato il quadro normativo vigente e che vengano tenute in considerazione le caratteristiche specifiche di impianti di autoconsumo e delle comunità energetiche rinnovabili, che dovrebbero godere di una maggiore flessibilità.
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