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Emissioni da fossili verso un nuovo record nel 2025: il carbon budget per 1,5°C è ormai quasi esaurito

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Emissioni da fossili verso un nuovo record nel 2025: il carbon budget per 1,5°C è ormai quasi esaurito

Le emissioni globali di CO2 provenienti da combustibili fossili sono destinate a raggiungere un nuovo record nel 2025, secondo l’ultimo rapporto Global Carbon Budget pubblicato da un team internazionale di oltre 130 scienziati.

Nonostante la crescita delle energie rinnovabili e i progressi nella decarbonizzazione, la domanda globale di energia continua ad aumentare, spingendo al rialzo l’uso di carbone, petrolio e gas. Le emissioni del prossimo anno saranno superiori dell’1,1% rispetto al 2024.

Gli autori del rapporto avvertono che, in assenza di un calo netto e urgente delle emissioni globali, la concentrazione atmosferica di anidride carbonica continuerà a crescere, ampliando gli impatti legati al riscaldamento globale.

Il carbon budget per 1,5°C è quasi del tutto esaurito

Il 2025 segna dieci anni dall’Accordo di Parigi, ma l’obiettivo più ambizioso dell’intesa internazionale appare sempre più difficile da raggiungere.

Secondo il professor Pierre Friedlingstein, del Global Systems Institute di Exeter, il carbon budget rimanente per contenere il riscaldamento entro 1,5°C – pari a 170 miliardi di tonnellate di CO2 – potrebbe esaurirsi completamente prima del 2030, mantenendo gli attuali livelli di emissioni.

Gli scienziati sottolineano che il cambiamento climatico sta già riducendo la capacità di assorbimento dei pozzi naturali terrestri e oceanici, rendendo ancora più urgente una drastica riduzione delle emissioni globali.

Progressi troppo lenti nonostante l’Accordo di Parigi

Il rapporto rileva che, pur avendo contribuito a rallentare la crescita delle emissioni globali nelle ultime due decadi, l’Accordo di Parigi non è riuscito a invertire la tendenza.

Nell’ultimo decennio, le emissioni sono aumentate in media dello 0,3% all’anno, un progresso rispetto all’1,9% registrato tra il 2005 e il 2015, ma ancora insufficiente per stabilizzare il clima globale.

Emissioni in crescita in Europa, Stati Uniti, Cina e India

Il 2025 vedrà un aumento delle emissioni in molte aree del mondo.

In Europa, dopo anni di calo, le emissioni sono previste in crescita dello 0,4%, complici il clima più freddo e l’aumento della domanda energetica. Gli Stati Uniti registrano un aumento ancora più marcato, pari all’1,9%.

In Cina, le emissioni crescono dello 0,4%, segnando un rallentamento grazie alla forte espansione delle energie rinnovabili. Anche l’India mostra un incremento più contenuto rispetto al passato, pari all’1,4%, favorito da un monsone precoce e dalla crescita delle rinnovabili.

Il Giappone è una delle poche grandi economie in calo, con un -2,2%.

Secondo la professoressa Corinne Le Quéré, sebbene 35 Paesi siano riusciti a ridurre le emissioni facendo al contempo crescere le loro economie – il doppio rispetto a un decennio fa – i progressi restano troppo fragili per invertire la curva globale.

Emissioni globali: carbone, petrolio e gas ancora in aumento

Il nuovo record emissivo è trainato da tutte le principali fonti fossili:

carbone +0,8%

petrolio +1%

gas naturale +1,3%

Le emissioni dell’aviazione internazionale dovrebbero crescere del 6,8% nel 2025, mentre quelle del trasporto marittimo rimangono stabili.

Per quanto riguarda l’uso del suolo, le emissioni legate alla deforestazione calano a 4,1 miliardi di tonnellate grazie alle politiche ambientali in paesi come il Brasile, dove la deforestazione amazzonica è ai minimi dal 2014. Tuttavia, le emissioni da deforestazione permanente restano elevate, intorno ai 4 miliardi di tonnellate annue.

Pozzi naturali sotto pressione

Il rapporto sottolinea un cambiamento preoccupante: gli effetti combinati del cambiamento climatico e della deforestazione stanno indebolendo i pozzi naturali di carbonio.

In alcune zone del Sud-est asiatico e del Sud America, le foreste tropicali – un tempo fondamentali per assorbire CO2 – stanno diventando sorgenti di emissioni.

Si stima che l’8% dell’aumento totale della concentrazione atmosferica di CO2 dal 1960 sia dovuto proprio all’indebolimento di questi pozzi.

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