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L’allarme di Greenpeace: “Sedici regioni in Italia hanno i corsi d’acqua contaminati da PFAS”

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L’allarme di Greenpeace: “Sedici regioni in Italia hanno i corsi d’acqua contaminati da PFAS”

I PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) sono un gruppo di sostanze chimiche utilizzate in vari settori industriali. Alcuni di questi composti sono noti per essere cancerogeni per l’uomo e altamente inquinanti. La loro presenza in Italia è un problema diffuso, visto che interessa i corsi d’acqua di tutte le Regioni in cui sono stati cercati.

Un’inchiesta basata sui dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha rivelato che i PFAS contaminano il 17% delle acque analizzate tra il 2019 e il 2022. Le analisi, effettuate dalle ARPA (Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente) e dalle province autonome, hanno evidenziato quasi 18.000 risultati positivi, mostrando un inquinamento ambientale significativo.



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Cosa sono i PFAS

Secondo Greenpeace, i PFAS sono “un gruppo di migliaia di sostanze chimiche di sintesi prodotte dalle industrie, ancora oggi ampiamente usate perché in Italia non esiste una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo. Introdotti sul mercato globale nel secolo scorso, hanno trovato ampia applicazione perché idrorepellenti, stabili e resistenti alle alte temperature. Una volta dispersi in natura, possono rimanere nell’ambiente per tantissimo tempo”. Se disperse nell’ambiente “queste sostanze si degradano in tempi lunghissimi, tanto da essere chiamate ‘inquinanti eterni’. Il loro uso massiccio ha permesso ai PFAS di invadere ogni angolo del globo: dalle vette remote più incontaminate fino ai poli, dagli animali marini come i cetacei a ecosistemi lontani dalle attività dell’uomo, dalla pioggia fino all’acqua di rubinetto delle nostre case. E purtroppo anche il nostro corpo non è immune a questo inquinamento”.

La situazione nelle Regioni

Secondo l’analisi fatta da Greenpeace sui dati forniti dall’ISPRA, la percentuale di valori positivi ai PFAS varia notevolmente da Regione a Regione. Questa variazione dipende dall’accuratezza delle misurazioni e dal numero di controlli effettuati. Basilicata, Veneto e Liguria hanno le percentuali più alte di analisi positive, con un tasso del 31%, 30% e 30% rispettivamente. Altre sei Regioni (Lombardia, Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo, Campania) mostrano un tasso di positività superiore al 10%.

Il Veneto è la Regione con le più alte concentrazioni di PFOA e PFOS, sostanze particolarmente pericolose. Questa Regione è stata teatro di una delle più gravi contaminazioni da PFAS in Europa, con impatti significativi anche sulle acque potabili di diversi comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Anche in Piemonte sono state rilevate alte concentrazioni di PFOA e PFOS, in particolare nei corpi idrici interessati dagli scarichi della Solvay (ora Syensqo), l’unica azienda produttrice attiva di PFAS in Italia. Elevate concentrazioni di PFOA sono state trovate anche in Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio.

Disomogeneità nei controlli

Nonostante la diffusa contaminazione, esiste una forte disomogeneità nei controlli. Quasi il 70% delle analisi nazionali è stato eseguito in quattro Regioni del nord Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia). In contrasto, quattro Regioni del sud Italia (Puglia, Sardegna, Molise e Calabria) non hanno effettuato alcun controllo tra il 2017 e il 2022.

La richiesta di Greenpeace

La situazione delineata dai dati ISPRA è grave e potrebbe essere ancora peggiore, trattandosi di dati parziali. Negli Stati Uniti e in diversi Paesi europei sono già stati adottati limiti all’uso dei PFAS, sostituiti da alternative più sicure. Si chiede al governo italiano di seguire l’esempio, introducendo una legge nazionale che limiti l’uso e la produzione di queste sostanze pericolose, a tutela dell’ambiente e della salute pubblica.

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