Greenpeace presenta il conto della crisi climatica: 5mila miliardi di danni causati dalle aziende fossili
Questa mattina, a Piazza di Spagna a Roma, attiviste e attivisti di Greenpeace Italia hanno esposto un enorme scontrino simbolico per denunciare il costo reale della crisi climatica. L’installazione, lunga decine di metri, elencava centinaia di eventi meteorologici estremi avvenuti nell’ultimo decennio, con la stima economica dei danni che la collettività sta già sostenendo.
Secondo l’organizzazione, il totale supera i 5.000 miliardi di euro, cifra che rappresenta il danno economico derivante dalle emissioni prodotte negli ultimi dieci anni da sei delle più grandi compagnie dei combustibili fossili al mondo, tra cui anche l’italiana ENI.
Il costo sociale del carbonio
Il dato è stato elaborato da scienziati indipendenti e pubblicato in una nuova analisi sul costo sociale del carbonio (SCC). Questo indicatore misura i danni economici generati da ogni tonnellata di anidride carbonica rilasciata in atmosfera, includendo gli effetti su salute, sicurezza alimentare, innalzamento dei mari e disastri climatici.
Dallo studio emerge che le emissioni di ExxonMobil, Chevron, Shell, BP, TotalEnergies ed ENI, dal 2015 – anno dell’Accordo di Parigi – a oggi, hanno comportato complessivamente danni per 5.000 miliardi di euro. Per ENI, la stima è di circa 460 miliardi.
Eventi estremi e costi reali: lo scontrino del clima
Sul grande scontrino presentato a Roma, Greenpeace ha elencato 200 eventi climatici estremi e i loro costi economici e sociali. Tra questi figurano l’alluvione in Emilia-Romagna del 2023 e numerosi disastri che hanno colpito comunità in Asia, Africa e America Latina.
L’iniziativa fa parte della campagna internazionale “Polluters Pay Pact”, che chiede ai governi di introdurre una tassazione specifica sui profitti delle aziende inquinanti per finanziare la transizione energetica e la sicurezza dei territori colpiti dalla crisi climatica.
Greenpeace: “I governi devono far pagare chi inquina”
“I nostri governi devono far pagare i grandi inquinatori e utilizzare i ricavi per sostenere la transizione energetica”, ha dichiarato Greenpeace Italia, sottolineando che la COP30 di Belém e la Convention Fiscale Globale delle Nazioni Unite rappresentano un’occasione storica per introdurre misure concrete di giustizia climatica.
L’organizzazione ha inoltre chiesto al governo italiano di inserire nella prossima legge finanziaria una tassa sui profitti delle aziende del petrolio, del gas e delle armi, affinché il peso della crisi non ricada sui cittadini.
Tassa climatica
Un recente sondaggio condotto da Greenpeace e Oxfam ha mostrato che otto italiani su dieci sono favorevoli ad aumentare le imposte sulle società fossili per coprire i costi della crisi climatica. Secondo Greenpeace, una tassa sui profitti delle compagnie inquinanti non solo garantirebbe nuove risorse economiche, ma rappresenterebbe anche un segnale politico chiaro: l’era dei combustibili fossili deve finire.
“La transizione verso le fonti rinnovabili e un’economia decarbonizzata è l’unica strada per proteggere la vita delle persone e il futuro del pianeta”, ha concluso l’associazione.
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