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Greenpeace protesta alla FAO contro gli allevamenti intensivi

Greenpeace protesta alla FAO contro gli allevamenti intensivi

Nel giorno di apertura della seconda Conferenza mondiale sulla trasformazione sostenibile dell’allevamento delle Nazioni Unite, Greenpeace ha messo in scena un’azione di protesta simbolica davanti alla sede della FAO a Roma. Attiviste e attivisti, travestiti da mucche e maiali, si sono rinchiusi in grandi gabbie ricreando le condizioni di un allevamento intensivo, avvolto in un denso fumo rosa che rappresentava le emissioni di metano prodotte dal settore zootecnico.

Cartelli come “Fattorie, non gabbie”, “Stop allevamenti intensivi” e “Cambiamo sistema alimentare, ora!” hanno accompagnato la protesta, puntando il dito contro un modello agricolo che secondo l’associazione sta minacciando il clima, la biodiversità e le comunità rurali.

L’appello di Greenpeace

In occasione del summit, Greenpeace ha presentato un appello firmato da quasi 100 organizzazioni internazionali impegnate su clima, sviluppo e alimentazione, tra cui ActionAid International, Oxfam International e l’Alleanza per la sovranità alimentare in Africa.

Le richieste rivolte ai governi sono chiare: ridurre drasticamente le emissioni agricole, abbandonare il modello agroindustriale e sostenere una transizione verso un’agricoltura basata sull’agroecologia. L’obiettivo è contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C, proteggere gli ecosistemi come l’Amazzonia e garantire un sistema alimentare equo e sostenibile.

Zootecnia industriale sotto accusa

La zootecnia intensiva è responsabile di gravi impatti sull’ambiente. Secondo Simona Savini, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, questo tipo di produzione sta inquinando le risorse idriche, impoverendo i suoli e accelerando il cambiamento climatico. A tutto ciò si aggiunge la resistenza al cambiamento da parte dei grandi gruppi del settore, che propongono soluzioni tecnologiche inefficaci per ritardare la trasformazione strutturale del sistema.

Con la COP30 alle porte, Greenpeace chiede ai leader mondiali di non cedere alle pressioni delle multinazionali della carne e dei latticini e di guidare una vera svolta verso un’agricoltura sostenibile.

L’IPCC avverte: fino al 42% delle emissioni derivano dai sistemi alimentari

L’urgenza dell’appello trova riscontro nei dati dell’IPCC, secondo cui i sistemi alimentari contribuiscono fino al 42% delle emissioni globali di gas serra. Il metano, in particolare, rappresenta circa un terzo del riscaldamento globale e proviene in gran parte dal settore zootecnico.

Per questo i firmatari della lettera esortano i governi a promuovere pratiche agricole che ristabiliscano gli ecosistemi, valorizzino la biodiversità e garantiscano accesso a cibo sano e sostenibile, anche nelle comunità più vulnerabili.

Africa e Sud globale

Il coordinatore dell’Alleanza per la Sovranità Alimentare in Africa, Million Belay, ha espresso preoccupazione per l’intensificazione dell’agricoltura industriale anche nei Paesi africani. L’adozione del modello del Nord globale, secondo Belay, contribuisce alla deforestazione, all’inquinamento dei suoli e all’aumento della resistenza agli antibiotici.

La proposta alternativa è l’agroecologia, un approccio che combina pratiche tradizionali e moderne, favorisce la resilienza climatica e rafforza le comunità rurali e familiari.

COP30 e Amazzonia

Teresa Anderson di ActionAid International ha sottolineato come l’agricoltura industriale sia la seconda causa della crisi climatica e il principale fattore della deforestazione, in particolare in Amazzonia, dove si terrà la prossima COP30. Secondo Anderson, il mito che solo gli allevamenti intensivi possano sfamare il mondo è infondato, e l’agroecologia rappresenta invece una soluzione concreta e climatica.

La conferenza in Brasile potrebbe essere un momento decisivo per segnare una vera transizione sostenibile del settore agroalimentare, soprattutto se accompagnata da una chiara opposizione ai lobbisti del settore.

Critiche agli obiettivi di riduzione del metano

Tra i punti più controversi evidenziati nell’appello delle organizzazioni ambientaliste, c’è il tentativo di alcuni grandi Paesi esportatori di bestiame, come Nuova Zelanda e Irlanda, di adottare i cosiddetti “no additional warming targets”. Si tratta di obiettivi che consentirebbero il mantenimento delle attuali emissioni di metano, ignorando le evidenze scientifiche e contraddicendo l’Accordo di Parigi e i principi di equità climatica.

La coalizione chiede una presa di posizione netta da parte di governi, scienziati e cittadini contro questi compromessi al ribasso.

La proposta di legge italiana

Greenpeace Italia ricorda infine che da oltre un anno è ferma in Parlamento la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi”, presentata insieme ad altre associazioni. Il testo propone una visione alternativa del settore zootecnico italiano, centrata su sostenibilità, benessere animale e tutela ambientale.

Una sua approvazione rappresenterebbe un primo passo concreto verso un sistema agroalimentare più giusto e in linea con gli obiettivi climatici.

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