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Come hanno fatto le le polveri degli incendi in Canada ad arrivare in Italia

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Come hanno fatto le le polveri degli incendi in Canada ad arrivare in Italia

Gli incendi boschivi che stanno devastando il Canada non hanno solo effetti locali: il loro impatto si estende anche a migliaia di chilometri di distanza. Nei giorni scorsi, particelle di fumo e polveri sottili (PM10) provenienti dai roghi canadesi hanno raggiunto il cielo italiano, tingendo di foschia le Alpi e sollevando interrogativi su come un fenomeno così lontano possa influenzare la nostra qualità dell’aria. Ma com’è possibile che queste polveri abbiano attraversato l’oceano?



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Meccanismo di trasporto transatlantico

Ma in che modo le polveri degli incendi in Canada sono riuscite a percorrere oltre 7.000 chilometri fino all’Italia? Il viaggio del fumo attraverso l’Atlantico è reso possibile da complessi meccanismi atmosferici, che coinvolgono venti in alta quota, correnti a getto e condizioni meteo favorevoli alla dispersione e al trasporto di particelle microscopiche. Vediamo come funziona questo affascinante (e preoccupante) processo

  1. Incendi enormi: tra maggio e giugno, il Canada ha visto oltre 2 milioni di ettari devastati da roghi fuori controllo.
  2. Correnti in quota: il fumo è risalito a 3–5 km e anche fino a 9 km di quota, alimentato da correnti occidentali e jet stream che hanno spinto le polveri verso l’Europa.
  3. Lunga distanza: in circa 7 giorni le particelle hanno attraversato l’Atlantico, impiegando qualche giorno per scendere e contaminare anche la Valle d’Aosta.

Prove tecniche e dati ARPA VdA

Per comprendere l’origine e l’entità del particolato rilevato in Italia, sono stati fondamentali gli strumenti di monitoraggio e analisi delle agenzie ambientali regionali. In particolare, l’ARPA Valle d’Aosta ha fornito dati preziosi che confermano la presenza di polveri sottili riconducibili agli incendi canadesi, grazie a rilevazioni in quota e al confronto con i livelli abituali di PM10.

  • Lidar‑ceilometer ha rilevato uno strato di aerosol tra 3.000 e 5.000 m con caratteristiche compatibili al fumo “invecchiato” da incendi lontani.
  • PM₁₀ al suolo: concentrazioni tra 70 e 90 µg/m³, superiori ai valori estivi usuali, ma inferiori al limite giornaliero di 50 µg/m³ su 24 h.
  • Tracce chimiche uniche: la composizione PM₁₀ aveva segnali di particelle “inverno‑like”, indicanti trasformazioni chimico‑fisiche durante il viaggio atmosferico.

Modellistica e conferme satellitari

I modelli di retro‑tracciamento delle correnti e le immagini dei livelli di monossido di carbonio (NO) da satellite hanno confermato inequivocabilmente l’origine transatlantica del particolato.

Impatto su qualità dell’aria e salute

  • Aria velata, anche in zone non tipicamente soggette a inquinamento locale estivo.
  • Possibili rischi respiratori, sebbene a breve termine a livelli moderati, specialmente per soggetti sensibili (bambini, anziani, asmatici).
  • Un segnale che eventi estremi lontani possono avere effetti diffusi anche in Europa.

Cosa fare oggi

  • Monitorare costantemente i dati ARPA locali.
  • Limitare attività fisica intensa durante picchi di PM.
  • Proteggersi con mascherine FFP2 se si avverte fastidio a vie respiratorie.
  • Valorizzare i sistemi LIDAR/ARPA per la gestione di eventi ambientali transnazionali.

Il fenomeno in Valle d’Aosta dimostra la connessione globale tra incendi e qualità dell’aria. È un chiaro esempio di come eventi su scala planetaria influenzino il nostro clima, ambiente e salute anche a migliaia di chilometri di distanza. Una sfida che richiede coordinamento internazionale tra monitoraggio, modelli atmosferici e politiche climatiche.

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