“Dalle foreste alle fiamme”: in Europa bruciano 237mila ettari in un solo mese. WWF e LIPU chiedono cambio di rotta
L’Europa brucia, e non è (solo) colpa del caldo. A luglio sono andati in fumo oltre 237.000 ettari di foreste, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2024. Dalla Grecia alla Turchia, passando per le coste italiane – Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna – è un’estate di fiamme, evacuazioni, danni ambientali incalcolabili e vite spezzate. In questo scenario, WWF e BirdLife Europe/LIPU lanciano un grido d’allarme: “Serve un cambio radicale: basta rincorrere l’emergenza, è il momento della prevenzione”.
Il nuovo documento delle due organizzazioni – disponibile sul sito della LIPU – denuncia una strategia europea ancora ancorata alla gestione dell’urgenza, incapace di affrontare le cause strutturali del fenomeno. “L’Europa – si legge nel report – continua a spendere miliardi nella soppressione degli incendi, mentre le vere leve del cambiamento, come la gestione del territorio e il ripristino degli ecosistemi, restano marginali”.
Incendi in crescita, clima e uomo sotto accusa
Il legame tra crisi climatica e incendi è ormai evidente. Negli ultimi due anni, oltre mezzo milione di ettari è andato distrutto e si è registrato il più vasto incendio boschivo nella storia dell’UE. Ma c’è di più: il 95% dei roghi è causato direttamente o indirettamente dall’uomo.
Il conto è salatissimo: emissioni di CO₂ pari a quattro mesi di traffico aereo mondiale, perdite economiche stimate tra i 13 e i 21 miliardi di euro l’anno e ecosistemi sempre più fragili. Secondo il WWF, queste risorse basterebbero ogni anno a ripristinare una superficie forestale grande quanto la Slovenia.
La proposta: tornare alla natura per prevenire
Il documento non si limita alla denuncia. Propone una tabella di marcia concreta, fondata su un principio: la natura è parte della soluzione. Tra le azioni suggerite:
- Ripristino di foreste naturali, zone umide e praterie, veri scudi verdi contro il fuoco.
- Gestione forestale ispirata alla natura, con più specie autoctone e meno piantagioni infiammabili.
- Rilancio dell’agro-silvopastoralismo, utile a ridurre la vegetazione secca e aumentare biodiversità.
- Reintroduzione di specie che si nutrono di biomassa infiammabile.
- Investimenti in sistemi di allerta precoce e nel sostegno alle comunità “fire-smart”.
“Serve una rivoluzione culturale”
Riccardo Gambini (BirdLife Europe) è netto: “La strategia europea sta fallendo. Occorre trasformare le pratiche preventive da eccezioni a regola, investendo in soluzioni basate sulla natura e su una gestione del territorio consapevole del rischio incendi”.
Gli fa eco Edoardo Nevola (WWF Italia): “L’Europa è a un bivio: o continuerà a investire in interventi costosi a disastro avvenuto, o inizierà ad agire in modo strategico e scientificamente fondato”.
Il messaggio è chiaro: la prevenzione non è un costo, ma un investimento. E il tempo per agire è adesso.
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