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Dalle cave dismesse alla biodiversità urbana: l’Ingegneria Naturalistica che rigenera il pianeta

Ingegneria Naturalistica

Dalle cave dismesse alla biodiversità urbana: l’Ingegneria Naturalistica che rigenera il pianeta

Cave che tornano boschi, boschi che diventano rifugi di biodiversità, progetti in Africa e America Latina per mitigare la crisi climatica: è questa la nuova frontiera dell’Ingegneria Naturalistica, protagonista della Convention Nazionale dell’AIPIN (Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica) che si terrà a Milano il 12 maggio.

Il titolo dell’appuntamento è emblematico: “Strategie per l’adattamento al Climate Change tra Nature Based Solutions e Nature Restoration Law”. Un’occasione non solo per confrontare esperienze italiane e internazionali, ma anche per lanciare un appello diretto a Papa Leone XIV, nel solco della Laudato Sì di Papa Francesco, affinché la voce della natura sia ascoltata con più forza nelle agende politiche globali.

Cava di Valle Oscura: da ferita ambientale a patrimonio naturale

Lo racconta Andrea Ferrario, della sezione lombarda dell’AIPIN:

“Una cava può tornare a essere un ambiente naturale? Sì, se si interviene con tecniche rispettose dell’equilibrio ecologico, come avvenuto nella Cava di Valle Oscura sul Monte Barro (LC), oggi esempio virtuoso di recupero ambientale.”

Un esempio concreto di come le Nature Based Solutions possano trasformare aree degradate in nuovi habitat, contribuendo alla resilienza del territorio.



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Bosco di Vanzago: un modello per la biodiversità urbana

Gianluigi Pirrera, vicepresidente nazionale, illustra i risultati raggiunti nel Bosco WWF di Vanzago:

“Abbiamo ripristinato zone umide ad alta naturalità, favorito la biodiversità e migliorato la fruizione pubblica dell’area. È la prova che conservazione e accessibilità possono convivere.”

Il primo progetto in Africa per l’adattamento climatico

Ma l’ingegneria naturalistica guarda oltre i confini nazionali.
In Burundi, in collaborazione con l’Università di Firenze, è nato il primo impianto progettato per mitigare gli effetti del cambiamento climatico con metodi a basso impatto, accessibili alle comunità locali.

Federico Preti, docente e presidente nazionale AIPIN, sottolinea:

“È un modello replicabile in molte aree vulnerabili, soprattutto in America Latina, dove annunceremo nuovi interventi proprio durante la convention.”

Oltre le tecnologie: il valore del Capitale Naturale

Flora Vallone, architetto paesaggista e vicepresidente AIPIN, lancia una riflessione chiave:

“La transizione ecologica non può fermarsi alla decarbonizzazione. Serve investire sul Capitale Naturale e sui servizi ecosistemici. Il cambiamento climatico si affronta anche ricucendo il rapporto tra uomo e natura”.

In conclusione, l’ingegneria naturalistica si conferma una disciplina strategica per affrontare le sfide ambientali del nostro tempo: non solo tecnica, ma visione ecologica, etica e culturale.

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