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Il cambiamento climatico moltiplica i rischi dell’inquinamento da plastica

plastica negli oceani

Il cambiamento climatico moltiplica i rischi dell’inquinamento da plastica

L’inquinamento da plastica e il cambiamento climatico sono spesso descritti come due crisi distinte, ma la scienza dimostra che sono profondamente interconnessi. Il riscaldamento globale sta infatti intensificando gli impatti della plastica su suolo, oceani, atmosfera e biodiversità, rendendo questo tipo di contaminazione più pericoloso, più persistente e sempre meno reversibile. Una nuova ricerca dell’Imperial College di Londra sottolinea come le conseguenze di questa interazione siano ancora gravemente sottovalutate, nonostante rappresentino una minaccia crescente per gli ecosistemi mondiali.

Come il cambiamento climatico rende la plastica un inquinante più mobile

Secondo lo studio, il riscaldamento globale accelera la degradazione della plastica, favorendo la frammentazione in microplastiche e particelle ancora più piccole che riescono a disperdersi su distanze molto ampie. Il clima più caldo, l’aumento dell’umidità e la maggiore intensità della radiazione UV contribuiscono a una degradazione più rapida, liberando additivi tossici e favorendo la formazione di particelle capaci di raggiungere suoli, acque e atmosfera.

Le temperature più elevate aggravano inoltre il rilascio di contaminanti associati come metalli pesanti, pesticidi e PFAS, amplificando la contaminazione ambientale e creando combinazioni di sostanze potenzialmente ancora più dannose.

Impatti lungo la catena alimentare

Il cambiamento climatico altera la distribuzione delle microplastiche negli ecosistemi, influenzando l’esposizione delle specie lungo la catena alimentare. Le specie ai livelli trofici più alti, come orche, pesci predatori e uccelli marini, risultano particolarmente vulnerabili.

Lo studio evidenzia che i predatori apicali sono più esposti all’accumulo di microplastiche e delle sostanze tossiche che queste trasportano. Mammiferi longevi come le orche, per esempio, possono accumulare particelle e additivi nel corso dell’intera vita, risentendo degli effetti combinati del bioaccumulo e della biomagnificazione. La loro posizione al vertice della catena alimentare li rende più sensibili agli stress ambientali, aggravati dalla crescente presenza di micro e nanoplastiche.

La minaccia della plastica storica intrappolata nei ghiacci

Una delle conseguenze più preoccupanti riguarda la cosiddetta plastica storica, ovvero quella già frammentata e intrappolata nei ghiacci delle calotte polari. Con l’accelerazione del loro scioglimento, tali riserve rischiano di diventare una fonte continua e duratura di rilascio di microplastiche e sostanze tossiche negli oceani. Questi flussi potrebbero persistere per molti anni, alimentando un inquinamento difficile da controllare e da invertire.

Perché serve intervenire subito

Gli autori dello studio sottolineano che l’inquinamento da plastica deve essere affrontato alla radice. Le proposte includono l’eliminazione della plastica monouso non essenziale, che rappresenta circa un terzo della produzione globale, e una forte limitazione dell’uso di plastica vergine. È necessario istituire standard internazionali che rendano la plastica realmente riutilizzabile e riciclabile.I ricercatori insistono sulla necessità di un cambiamento sistemico, che includa non solo la riduzione e il riuso, ma anche la riprogettazione dei materiali, l’innovazione nei processi produttivi e l’eliminazione delle plastiche superflue. In questa direzione, il Trattato globale delle Nazioni Unite sulla plastica rappresenta una delle iniziative più promettenti.

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