Apnea ostruttiva e smog: l’inquinamento da PM10 incide sulla gravità del disturbo
Una nuova ricerca italiana, presentata al congresso europeo ERS, evidenzia come l’esposizione prolungata al particolato atmosferico (PM10) sia associata a un peggioramento dell’indice apnea–ipopnea nei pazienti affetti da apnea ostruttiva del sonno (OSA). Lo studio ha coinvolto oltre 19.000 soggetti adulti residenti in 14 Paesi europei.
L’apnea ostruttiva del sonno è un disturbo respiratorio che provoca interruzioni ricorrenti della respirazione durante il sonno, con conseguente affaticamento diurno e rischi per la salute cardiovascolare. La severità della patologia si valuta in base all’indice apnea–ipopnea (AHI), che indica il numero medio di eventi respiratori per ora di sonno.
Lo studio
L’analisi ha utilizzato i dati della European Sleep Apnea Database (ESADA), includendo pazienti con età media di 54,6 anni, un terzo dei quali donne. L’esposizione media annuale al PM10 è stata stimata tramite il servizio Copernicus Atmosphere Monitoring, mentre i dati clinici derivavano da studi polisonnografici.
I ricercatori hanno adottato un modello statistico multivariato, tenendo conto di fattori come età, sesso, BMI, fumo, stagione, temperatura e umidità. L’associazione tra l’esposizione cronica al PM10 e l’indice AHI è risultata significativa: per ogni incremento di 1 µg/m³ di PM10, l’AHI aumentava in media di 0,41 eventi per ora di sonno.
Variazioni regionali
Un dato particolarmente interessante riguarda le differenze geografiche: le associazioni più forti tra PM10 e aumento dell’AHI sono state riscontrate a Lisbona (+6,32), Parigi (+2,43) e Atene (+2,35 eventi per ora).
Queste differenze suggeriscono che fattori ambientali locali, come composizione chimica del particolato e clima, possano influenzare il legame tra inquinamento e OSA.
Implicazioni cliniche e prospettive future
I risultati indicano che l’inquinamento atmosferico potrebbe rappresentare un ulteriore fattore di rischio nella valutazione della severità dell’apnea ostruttiva del sonno. Gli autori invitano i clinici a considerare anche il livello di esposizione al PM10 tra le variabili da valutare nei pazienti con OSA sospetta o diagnosticata.
Poiché si tratta di uno studio osservazionale trasversale, non è possibile stabilire un nesso di causalità. Tuttavia, gli studiosi auspicano la realizzazione di studi prospettici su popolazioni più ampie e diversificate, per indagare meglio la relazione tra inquinamento e disturbi del sonno.
Inoltre, sarà interessante verificare se politiche ambientali efficaci possano non solo migliorare la qualità dell’aria, ma anche ridurre la gravità di malattie respiratorie come l’OSA, soprattutto nelle aree urbane maggiormente colpite.
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