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L’Italia dice no alle case green: associazioni ambientaliste contro il Governo Meloni

case green parlamento europeo

L’Italia dice no alle case green: associazioni ambientaliste contro il Governo Meloni

Il Governo italiano ha deciso di non recepire la direttiva europea EPBD (Energy Performance of Buildings Directive) nel testo della legge di delegazione europea. Una scelta che ha sollevato forte preoccupazione tra associazioni ambientaliste, esperti del settore edilizio e cittadini attenti alla transizione ecologica. La decisione, ufficializzata con l’approvazione del provvedimento in Consiglio dei Ministri, rappresenta un passo indietro nella lotta alla crisi climatica e rischia di rallentare drasticamente l’efficientamento energetico degli edifici in Italia, sostengono le associazioni Arse, Coordinamento FREE, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF.

Una direttiva strategica per l’ambiente e le famiglie

La direttiva EPBD è uno degli strumenti chiave adottati dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas serra nel comparto edilizio, migliorare l’efficienza energetica degli immobili e combattere la povertà energetica. Tra i suoi obiettivi, si prevede che entro il 2030 i consumi energetici degli edifici residenziali si riducano almeno del 16%, con un ulteriore calo del 20-22% entro il 2035. Questi obiettivi dovrebbero essere raggiunti coinvolgendo il 44% degli edifici più energivori, ossia quelli in classe energetica E, F e G.

In Italia, questo si tradurrebbe in un intervento su oltre 9,7 milioni di edifici, pari a circa il 75% del patrimonio edilizio residenziale. Una riqualificazione massiccia che permetterebbe di tagliare oltre 14 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno e offrire risparmi concreti in bolletta alle famiglie.

Rischio infrazione e ritardi nella transizione energetica

La mancata inclusione della direttiva EPBD nella legge di delegazione europea, sottolineano le associazioni, mette a rischio la scadenza per il primo piano attuativo, prevista per dicembre 2025, e la consegna finale del piano entro maggio 2026. Il rischio concreto è che l’Italia non rispetti gli obblighi europei, aprendo la strada a una possibile procedura di infrazione da parte della Commissione Europea. Oltre al danno ambientale, si rischia così un danno economico e reputazionale, con conseguenze sul piano degli investimenti, dell’occupazione e delle opportunità per le imprese che operano nel settore della riqualificazione energetica.

Le critiche delle associazioni ambientaliste

Arse, Coordinamento FREE, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF hanno espresso una condanna unanime alla scelta del Governo Meloni, accusato di rallentare la transizione verde e di non sostenere adeguatamente famiglie e imprese. Le associazioni ricordano che la direttiva “Case green” è una misura strutturale voluta dall’UE per migliorare la qualità della vita, ridurre i costi dell’energia e contribuire agli obiettivi climatici internazionali.

«Rinunciare al recepimento della direttiva significa condannare milioni di cittadini a vivere in case energivore e a restare dipendenti dal gas fossile», osservano le organizzazioni. «È un’occasione mancata per creare nuovi posti di lavoro, sostenere l’industria dell’edilizia sostenibile e accelerare la decarbonizzazione del settore immobiliare».

Giustizia climatica e obblighi legali

Il tema assume un rilievo ancora maggiore alla luce delle recenti sentenze e ordinanze giudiziarie. In particolare, la Cassazione ha recentemente riconosciuto la legittimità delle azioni legali per giustizia climatica, aprendo la strada alla possibilità di portare in tribunale le aziende inquinanti. A livello internazionale, la Corte di Giustizia ha ribadito gli obblighi climatici che ricadono sia sugli Stati che sulle imprese.

La direttiva EPBD rappresenta uno strumento concreto per rispondere a questi obblighi. Ignorarla, o rinviarne l’adozione, significa restare indietro in una corsa in cui l’Italia dovrebbe invece guidare il cambiamento.

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