Ecogiustizia, Italia maglia nera: 992 anni di ritardo nelle bonifiche dei siti inquinati
Al 2025, l’Italia registra 992 anni complessivi di ritardo nella bonifica dei 42 siti di interesse nazionale (SIN), istituiti tra il 1998 e il 2020. Si tratta di aree industriali fortemente contaminate, che coprono 148.000 ettari di territorio terrestre e 78.000 ettari di mare ancora inquinato.
Le conseguenze di questi ritardi sono gravi: impatti sulla salute dei cittadini, danni ambientali e pesanti ricadute economiche e sociali sui territori coinvolti.

Il flash mob di Roma e la “maglia nera” all’Italia
A denunciare la situazione, con dati alla mano, sono ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera. Le associazioni hanno organizzato a Roma, in piazza Cavour, un flash mob simbolico durante il quale hanno assegnato all’Italia la “maglia nera” per i ritardi accumulati.
Al grido “Ecogiustizia Subito”, i partecipanti hanno letto la “sentenza del Popolo Inquinato”, elencando tutti i 42 SIN e chiedendo al Governo Meloni azioni concrete e tempi certi per il risanamento ambientale.
Vergogna nazionale e richiamo della Corte europea
Le associazioni definiscono questi ritardi una vergogna nazionale, ricordando anche la condanna inflitta all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel gennaio 2024 per l’inazione nella Terra dei Fuochi.
La sentenza della CEDU rappresenta un monito per accelerare le bonifiche e applicare con fermezza il delitto di omessa bonifica introdotto dalla legge 68/2015.
Secondo il Ministero della Giustizia, tra il 2022 e il 2024 sono stati aperti 131 procedimenti per omessa bonifica, con 320 persone indagate e altre 61 inchieste contro ignoti. Nello stesso periodo sono aumentati anche i procedimenti per disastro ambientale, con 92 inchieste e oltre 400 indagati.
Sei milioni di italiani vivono nelle aree inquinate
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, sono circa 6,2 milioni le persone che vivono nelle aree contaminate monitorate dal progetto “Sentieri”. A queste comunità viene ancora negato il diritto alla salute, a un ambiente salubre e a uno sviluppo sostenibile dei propri territori.
Le associazioni chiedono una strategia nazionale per le bonifiche, ritenuta fondamentale per la transizione ecologica e per garantire giustizia ambientale e sociale.
Ecogiustizia Subito
Durante il flash mob, le organizzazioni hanno annunciato anche la seconda edizione della campagna nazionale “Ecogiustizia Subito: In nome del popolo inquinato”.
Dal 26 novembre, la campagna riprenderà il suo viaggio in sei nuove tappe simboliche: Piombino (Toscana), Tito (Basilicata), Sulcis-Iglesiente-Guspinese (Sardegna), Terni Papignano (Umbria), Fiume Sacco (Lazio) e Torviscosa (Friuli-Venezia Giulia).
In media, i ritardi nelle bonifiche di queste aree ammontano a 23 anni e 9 mesi. In ogni tappa sarà promosso un “Patto di comunità per l’Ecogiustizia”, per sostenere la rinascita dei territori colpiti.
Sostanze tossiche e revisione del regolamento REACH
Un altro tema centrale della campagna riguarda la gestione impropria di sostanze pericolose. L’aumento della produzione di rifiuti e dell’uso di sostanze chimiche dal secondo dopoguerra ha causato contaminazioni del suolo e delle acque.
Le associazioni chiedono una revisione più rigorosa del regolamento europeo REACH (2006), che limiti l’utilizzo e il commercio di sostanze nocive, favorendo invece la ricerca verso una chimica verde, rispettosa dell’ambiente e della salute dei cittadini e dei lavoratori.
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