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Malattie reumatiche, inquinamento dell’aria pericoloso acceleratore

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Malattie reumatiche, inquinamento dell’aria pericoloso acceleratore

L’inquinamento atmosferico provoca danni all’apparato muscolo-scheletrico e può essere un fattore di rischio sottovalutato per chi soffre di malattie reumatiche. A dirlo, una serie di ricerche svolte dalla Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA), in collaborazione con l’Università di Verona. Gli studi sono stati presentati oggi in occasione di una conferenza stampa organizzata dalla FIRA.

Le malattie reumatiche

Subdole e silenziose, consumano a poco a poco la cartilagine e i tessuti vicini senza dare inizialmente segni evidenti di sé. Poi all’improvviso si manifestano con il dolore, cui seguono le prime difficoltà motorie all’articolazione colpita che, se non curate, possono portare progressivamente all’invalidità. Sono i sintomi più comuni delle malattie reumatiche, che possono fare gravi danni al cuore, ai vasi sanguigni, ai polmoni, al sistema nervoso, i reni. Si tratta di ben 150 differenti patologie ad alto impatto sociale, sia per numero di malati che per i costi: nel mondo occidentale infatti ne soffre una persona su sette e complessivamente rappresentano la prima causa di disabilità (46-54% dei casi, secondo gli studi).



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Inquinamento e artrite reumatoide

È noto da tempo che l’inquinamento, in particolare quello atmosferico, è associato a un maggior rischio di patologie cardiovascolari e polmonari. Questi nuovi studi hanno suggerito che l’inquinamento atmosferico può aumentare anche il rischio di ammalarsi di artrite reumatoide, provocando la produzione di auto-antigeni e quindi di auto-anticorpi che innescano la risposta infiammatoria a danno, anche, delle articolazioni.

I ricercatori FIRA hanno scoperto che l’esposizione a polveri sottili (PM10 o PM2,5 e polveri ancora più sottili) per soli due mesi si associa alla riattivazione della malattia in pazienti che sono in trattamento, i cui sintomi quindi dovrebbero essere sotto controllo. «Non c’è solo l’artrite reumatoide, sulla quale come reumatologi abbiamo concentrato gli studi, – commenta prof. Maurizio Rossini, Ordinario di Reumatologia all’Università di Verona e membro del Comitato Scientifico di FIRA – abbiano notato associazioni tra l’esposizione al PM 10 e PM2,5 e alcune malattie autoimmuni, tra cui altre connettiviti e malattie gastrointestinali infiammatorie autoimmuni». l team italiano ha dimostrato che l’eccessiva inalazione di gas nocivi può compromettere anche la risposta ai farmaci. «Una cosa importante perché spiega perché un paziente può non rispondere più ai farmaci», prosegue il Prof. Rossini.  

Inquinamento e osteoporosi

Un’altra scoperta è la correlazione tra inquinanti e patologie degenerative come l’osteoporosi. In uno studio in collaborazione con l’ISPRA, pubblicato sulla rivista Osteoporosis International, emerge che un’elevata concentrazione di particolato nell’atmosfera può ridurre l’esposizione ai raggi solari UVB. Ciò provoca una diminuzione della capacità dell’organismo di produzione di vitamina D e quindi deficit di mineralizzazione dell’osso. La Sezione di Reumatologia dell’Università di Verona ha scoperto che l’esposizione a polveri sottili si associa ad un aumentato rischio di bassa densità minerale ossea. “Lo studio è stato condotto su oltre 59.000 donne distribuite sul territorio italiano.

Cosa succede con l’esposizione al PM10

L’esposizione a concentrazioni elevate di polveri sottili di dimensione inferiore ai 10 millesimi di millimetro (PM 10) o ai 2.5 µm (PM 2.5) porta a un aumentato rischio di osteoporosi di circa il 15%, in particolare al femore. Questo contribuirebbe a giustificare l’aumentato rischio di fratture di femore osservato nei periodi di maggiore concentrazione spiega il prof. Rossini.  

Queste ed altre evidenze scientifiche prodotte a livello internazionale negli ultimi anni indicano che l’inquinamento dell’aria può essere corresponsabile dell’insorgenza, della gravità, della riattivazione e della mancata risposta alle terapie di alcune malattie reumatiche e andrebbe a tutti gli effetti considerato un fattore di rischio da mitigare.

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