L’escursionismo inquina la natura: abbigliamento da trekking sotto accusa per le microplastiche
Una nuova ricerca condotta da Tim Keyes della Sacred Heart University, in collaborazione con Evergreen Business Analytics e l’organizzazione no-profit Adirondack Hamlet to Huts, ha rilevato che i laghi di montagna ad alta frequentazione escursionistica presentano livelli di microplastiche fino a 23 volte superiori rispetto a quelli remoti e isolati. Lo studio si è svolto negli Adirondack, nello stato di New York, e pone l’attenzione sul ruolo dell’abbigliamento tecnico outdoor nell’inquinamento delle acque naturali.
L’impatto dell’attività umana
La spedizione scientifica “Return to Lake Tear” ha confrontato due laghi situati ad altitudini simili: Lake Tear of the Clouds, attraversato ogni anno da decine di migliaia di escursionisti, e Moss Pond, completamente isolato da percorsi e accessi umani. I risultati delle analisi di laboratorio sono stati chiari: il primo ha mostrato una concentrazione media di 16.54 particelle di microplastiche per millilitro, mentre il secondo solo 0.73. In alcuni punti, la differenza ha raggiunto un fattore di 23.
Non solo pioggia, ma impatto diretto
Nel 2023, i ricercatori avevano ipotizzato che la causa principale dell’inquinamento fosse la deposizione atmosferica, ovvero la pioggia che trasporta microplastiche. Il campionamento del 2025 ha smentito questa teoria, dimostrando che l’origine della contaminazione è principalmente antropica, legata cioè ai materiali introdotti dai visitatori.
Abbigliamento outdoor nel mirino
Le microplastiche sono frammenti inferiori a 5 millimetri derivati dalla rottura di plastiche più grandi o presenti in prodotti finiti. Quelle rilevate nei laghi provengono in gran parte da scarpe da trail running con suola morbida e da indumenti sintetici. Le suole leggere rilasciano polimeri in modo simile agli pneumatici, mentre tessuti tecnici contribuiscono significativamente all’inquinamento, come già emerso in studi oceanici secondo cui il 70% delle microplastiche deriverebbe proprio dall’abbigliamento.
I rischi per la salute e l’ambiente
Le microplastiche non sono un problema solo ambientale. Contengono migliaia di sostanze chimiche, tra cui ftalati e Pfas, connotate da alta tossicità. Studi recenti hanno confermato la presenza di microplastiche nel corpo umano, incluse placenta, cervello e polmoni, dove possono causare infiammazioni croniche, disturbi endocrini, cardiovascolari e danni al sistema immunitario.
Anche gli ecosistemi ne risentono: la contaminazione interrompe le catene alimentari e causa bioaccumulo in animali e piante.
Comportamenti e prodotti più responsabili
I ricercatori hanno avanzato alcune misure pratiche per ridurre l’impatto degli escursionisti:
Scegliere calzature con suole in gomma dura, meno soggette a frammentazione
Indossare strati sintetici sotto capi in fibre naturali per ridurre la dispersione
Seguire rigorosamente i principi del “non lasciare traccia”, portando via tutti i rifiuti, plastica inclusa
L’industria outdoor è chiamata a un cambio di paradigma, con la necessità urgente di sviluppare prodotti che minimizzino il rilascio di microplastiche nell’ambiente.
Turismo outdoor
L’aumento della popolarità di escursioni e attività in natura, accelerato dalla pandemia, rende fondamentale affrontare l’impatto ambientale dell’abbigliamento tecnico. Le aree ad alta frequentazione pedonale, come i laghi degli Adirondack, diventano indicatori chiave di una tendenza che rischia di compromettere la salute degli ecosistemi più incontaminati.
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