Moria delle stelle marine: scoperto il batterio killer che ha decimato miliardi di esemplari
Per oltre 12 anni, gli scienziati hanno cercato senza successo la causa della devastante moria di stelle marine, che ha colpito oltre 20 specie, da Mexico ad Alaska, cancellando miliardi di esemplari. Ora, grazie a un lavoro di ricerca durato quattro anni, un team multidisciplinare guidato dall’Università della British Columbia (UBC) ha identificato il colpevole: un ceppo batterico chiamato Vibrio pectenicida FHCF-3.
La malattia, conosciuta come “sea star wasting disease”, provoca una lenta ma inesorabile “melting” dei tessuti delle stelle marine. Le vittime mostrano lesioni esterne, deformazioni e infine perdita degli arti, morendo nel giro di circa due settimane. Tra le specie più colpite, la stella marina girasole (Pycnopodia helianthoides), che può avere fino a 24 braccia e una grandezza pari a un pneumatico di bicicletta, è ora considerata in stato critico dalla IUCN.
La scoperta: decisive le “analisi del sangue” delle meduse
La scoperta è arrivata cambiando l’angolazione della ricerca: invece di esaminare i tessuti malati, il team ha analizzato il fluido coelomico, l’equivalente del “sangue” nelle stelle marine, scoprendo livelli elevati di Vibrio pectenicida solo nei soggetti malati.
Questo ceppo batterico appartiene al genere Vibrio, noto per agenti patogeni come Vibrio cholerae, che causa il colera umano, e per il suo legame con l’aumento delle temperature marine. Infatti, l’espansione e l’accelerazione della malattia sembrano associate al riscaldamento degli oceani, un effetto collaterale drammatico dei cambiamenti climatici.
Le stelle marine svolgono un ruolo chiave nel mantenere in equilibrio gli ecosistemi marini: controllano le popolazioni di ricci di mare che, se fuori controllo, possono devastare le foreste di kelp, un habitat fondamentale per numerose specie marine e un importante regolatore della qualità dell’acqua e del clima.
Ora che la causa è stata identificata, aprono nuove possibilità per lo sviluppo di strategie di mitigazione e recupero, come la selezione di individui resistenti, l’allevamento in cattività e la reintroduzione controllata nelle zone di mare colpite.
Questa scoperta non è solo una vittoria scientifica, ma un campanello d’allarme su come il riscaldamento globale e le malattie emergenti stiano profondamente modificando la salute e la biodiversità degli ambienti marini — ambienti da cui dipendiamo più di quanto immaginiamo.
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