COP30: Marevivo lancia l’allarme sul ruolo degli oceani nella crisi climatica
Dalla foresta all’oceano, la crisi climatica chiama in causa il mare come risorsa indispensabile per contenere il riscaldamento globale. Senza una tutela rigorosa degli ecosistemi marini non sarà possibile interrompere la corsa del climate change. È il messaggio che Fondazione Marevivo porta alla COP30 di Belém, in Brasile, dove fino al 21 novembre si discute il futuro delle politiche climatiche internazionali.
Il mare come spugna di calore
Gli oceani assorbono la maggior parte dell’energia in eccesso accumulata dal sistema climatico terrestre. Si stima che circa l’89% del calore generato dai gas serra venga immagazzinato nel mare, rendendolo un regolatore termico cruciale. Questa capacità, però, è oggi vicina al collasso: il tasso di riscaldamento oceanico è quasi raddoppiato negli ultimi vent’anni, alimentando fenomeni estremi come il ciclone Melissa, che ha raggiunto la categoria 5 anche a causa delle temperature eccezionalmente elevate dell’acqua.
Gli oceani come pozzo di carbonio e produttori di ossigeno
Gli oceani rappresentano il più grande pozzo di carbonio del pianeta. Storicamente hanno assorbito il 25-30% delle emissioni di CO₂ derivanti dalle attività umane, con stime recenti che indicano una capacità annua pari a circa 15 miliardi di tonnellate. Inoltre, attraverso il fitoplancton, producono oltre il 50% dell’ossigeno presente sull’intero pianeta, un contributo essenziale per la vita e per l’equilibrio del sistema Terra.
L’appello di Marevivo
Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, ricorda come il mare sia un alleato fondamentale per mitigare il caos climatico, ma anche un ecosistema gravemente minacciato. La richiesta è chiara: le decisioni della COP30 devono includere impegni concreti, specifici e misurabili per proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030, in linea con le indicazioni della comunità scientifica.
Tra le priorità indicate spiccano la difesa delle foreste blu, come mangrovie e praterie sottomarine, fondamentali per lo stoccaggio del carbonio; l’investimento in programmi di osservazione oceanica per monitorare i cambiamenti in corso; l’adozione di strategie integrate che affrontino cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento, compreso quello da plastica.
I segnali d’allarme
Dall’inizio della rivoluzione industriale, l’assorbimento di CO₂ da parte degli oceani ha provocato un aumento dell’acidità di circa il 30%, con impatti devastanti su ecosistemi sensibili come le barriere coralline. Dagli anni ’50, inoltre, il mare ha perso circa il 2% dell’ossigeno disciolto, compromettendo habitat e catene alimentari marine.
L’espansione termica delle acque contribuisce oggi a circa il 30-40% dell’innalzamento del livello del mare, minaccia diretta per milioni di persone che vivono nelle aree costiere.
Svolta attesa nella transizione ecologica globale
Fondazione Marevivo auspica che la COP30 possa segnare un punto di svolta decisivo verso una transizione ecologica effettiva, non più rinviabile. La protezione degli oceani non è soltanto una misura ambientale, ma una strategia centrale per la mitigazione e l’adattamento alla crisi climatica globale.
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