Crisi climatica, l’ONU avverte: eventi estremi sempre più frequenti e tagli alle emissioni troppo lenti
Le Nazioni Unite avvertono che fenomeni meteorologici estremi come Melissa e Montha sono destinati a diventare sempre più frequenti a causa del riscaldamento globale. Gli impegni assunti dai Paesi per ridurre le emissioni di gas serra, principale causa dei cambiamenti climatici, sono ancora troppo deboli rispetto a quanto richiesto dalla comunità scientifica.
Secondo le stime delle Nazioni Unite, le emissioni inquinanti dovrebbero diminuire solo del 10% entro il 2035. È la prima volta che l’ONU prevede un calo effettivo, ma il progresso è insufficiente per contenere l’aumento della temperatura media globale.
I tagli necessari secondo l’Unep
Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) ha calcolato che per mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, le emissioni dovrebbero ridursi del 60% rispetto ai livelli del 2019. Questo obiettivo è in linea con quanto stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015, che fissa 1,5°C come soglia di sicurezza per evitare gli effetti più gravi della crisi climatica.
Tuttavia, i piani climatici attuali restano molto distanti da questo obiettivo, con ritardi e mancanze che compromettono la credibilità degli impegni internazionali.
La situazione in vista della Cop30
La denuncia dell’ONU arriva a pochi giorni dall’apertura della Conferenza mondiale sul clima, la Cop30, che si terrà in Brasile. Solo 64 dei quasi 200 Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi hanno presentato nei tempi stabiliti i propri piani nazionali aggiornati (Ndc). Si tratta di un obbligo previsto ogni cinque anni, ma privo di reali sanzioni in caso di inadempienza.
Le stime della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) includono anche le promesse ancora non ufficiali della Cina, che prevede un taglio del 7-10% delle emissioni entro il 2035, e dell’Unione Europea, che ha annunciato obiettivi di riduzione tra il 66 e il 72,5% rispetto al 1990. Tuttavia, l’UE non è riuscita a presentare un piano formale a causa delle divisioni interne sul Green Deal, e il documento aggiornato è atteso per il 4 novembre.
Le grandi potenze in ritardo
All’appello mancano anche Paesi fondamentali come l’India, che non ha ancora comunicato quando presenterà il proprio piano, e gli Stati Uniti, il cui impegno rischia di essere annullato dal ritorno delle politiche climatiche negazioniste di Donald Trump. Il piano elaborato dall’amministrazione Biden resta quindi incerto e potrebbe non trovare applicazione concreta.
Questi ritardi e le mancate adesioni rendono ancora più difficile mantenere il pianeta sulla traiettoria di contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C.
L’appello dell’ONU
Il segretario esecutivo dell’Unfccc, Simon Stiell, ha dichiarato che l’umanità sta finalmente piegando la curva delle emissioni verso il basso, ma il ritmo resta troppo lento. Ha quindi rinnovato l’appello a tutti i governi affinché raddoppino gli sforzi e adottino misure più ambiziose per la riduzione dei gas serra.
Solo un impegno globale concreto e coordinato potrà evitare che eventi estremi come Melissa e Montha diventino la nuova normalità e che la crisi climatica comprometta in modo irreversibile gli equilibri del pianeta.
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