Loading Now

Il peso climatico del sistema agroalimentare italiano: metano responsabile del 63% delle emissioni

allevamenti

Il peso climatico del sistema agroalimentare italiano: metano responsabile del 63% delle emissioni

Il sistema agroalimentare italiano è oggi una delle principali criticità nella lotta al cambiamento climatico. Secondo Legambiente, l’intera filiera del cibo, dall’agricoltura alla trasformazione fino alla gestione degli scarti, genera il 32% delle emissioni complessive del Paese. Ancora più preoccupante è il dato sul metano: il settore è responsabile del 63% delle emissioni nazionali di questo gas serra, il cui potere riscaldante è oltre 80 volte superiore a quello della CO₂.

Il tema è stato al centro del convegno “Metano e sistemi agroalimentari: quali scelte per la riduzione delle emissioni climalteranti”, organizzato da Legambiente Lombardia a Milano nell’ambito della campagna europea MetaNO – Coltiviamo un altro clima, promossa dalla coalizione Methane Matters.

Un’emergenza invisibile ma determinante

Il metano ha una vita atmosferica più breve dell’anidride carbonica, ma un impatto climatico molto più rapido e intenso. Ridurne subito le emissioni può portare benefici tangibili nel breve periodo. In Italia, la fonte principale è il settore agroalimentare, in particolare gli allevamenti intensivi concentrati nella Pianura Padana, dove si producono alcune delle più importanti DOP nazionali come Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola e Prosciutto di Parma.

Nonostante la gravità della situazione, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima non prevede obiettivi specifici di riduzione per le emissioni di metano, e l’Italia non ha ancora dato piena attuazione agli impegni del Global Methane Pledge sottoscritto alla COP26 di Glasgow.

Svolta nel sistema agricolo e alimentare

Per Legambiente, non è possibile centrare gli obiettivi climatici senza trasformare in profondità il sistema agricolo e alimentare. Come afferma Angelo Gentili, responsabile nazionale di Legambiente Agricoltura, è necessario un modello produttivo che riduca la produzione e il consumo di carni e latticini, garantendo al tempo stesso redditività ai produttori e valorizzando il legame con i territori.

L’obiettivo è un Made in Italy sostenibile, capace di unire qualità, tracciabilità, benessere animale e riduzione delle pressioni ambientali e sanitarie.

Le criticità ambientali della Food Valley

La concentrazione degli allevamenti nel Nord Italia provoca impatti multipli: in inverno aumentano le emissioni di ammoniaca e polveri sottili, in estate quelle di ozono e smog fotochimico, mentre le acque soffrono per l’eccesso di nutrienti.

Secondo Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia, le tecniche innovative e la gestione efficiente dei reflui possono aiutare, ma non bastano senza una riduzione del numero di capi allevati e una diversa distribuzione territoriale delle produzioni.

Il caso del Grana Padano e la sfida della DOP Economy

Tra le eccellenze italiane, il Grana Padano rappresenta un caso emblematico. Il suo successo commerciale, basato sulla standardizzazione produttiva, ha favorito l’espansione di allevamenti intensivi e la perdita di diversità nei foraggi, indebolendo il legame con i cicli naturali del territorio.

Come sottolinea Damiano Di Simine, responsabile della campagna MetaNO, il futuro delle DOP deve orientarsi verso la qualità sensoriale, la riduzione dell’impatto climatico e la tutela delle filiere locali. La DOP economy può diventare un motore di sostenibilità se saprà unire tradizione e innovazione ambientale.

Nuovo modello di consumo e produzione

La transizione ecologica del sistema alimentare dipende anche dalle scelte dei consumatori. Le linee guida della Società Italiana di Nutrizione consigliano di dimezzare il consumo di carne e formaggi, favorendo un’alimentazione più equilibrata e a minore impronta ecologica.

Per Legambiente, questa trasformazione rappresenta una grande opportunità per rinnovare il Made in Italy agroalimentare, puntando su produzioni meno intensive, più identitarie e territoriali.

Solo un sistema capace di ridurre le emissioni, tutelare la biodiversità e valorizzare la qualità potrà continuare a essere un’eccellenza italiana e contribuire concretamente alla lotta contro il cambiamento climatico.

Share this content: