Inquinamento da microplastiche: gli effetti sulle piante
La presenza di nano e microplastiche nel suolo potrebbe avere effetti significativi sulle radici e sulle foglie delle piante coltivate. Le alternazioni sono oggi dimostrate da nuovo studio condotto dall’Università Cattolica di Piacenza e pubblicato su “Plant Physiology and Biochemistry“.
Secondo quanto si apprende dalla recente ricerca, le microplastiche potrebbero causare problemi tossicologici ed ecotossicologici, influenzando sia il metabolismo delle piante che il ciclo dell’azoto, fondamentale per la crescita delle colture e la biodiversità.
A seguito dei risultati, gli esperti hanno lanciato un allarme sulla “sicurezza alimentare”.
Inquinamento da plastica
Ogni anno un’enorme quantità di micro e nanoplastiche si deposita sui terreni agricoli. Secondo le ultime stime, ogni anno nei terreni coltivati in Europa si immagazzinano circa 63 mila tonnellate di microplastiche e 44 mila tonnellate in Nord America.
Anche se non esistono dati precisi, molte di queste minuscole particelle finiscono nel cibo che consumiamo quotidianamente. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ingeriamo fino a 6.900 particelle di microplastica per litro di acqua potabile, fino a 10.040 in birre e latte, e troviamo anche una particella per grammo di pesce e fino a 317 microgrammi per grammo di riso, oltre a concentrazioni variabili nei sali da cucina. L’OMS stima che, nel complesso, vengono ingerite fino a 1.395 particelle di plastica al giorno tramite il cibo, 20,8 tramite l’acqua e 170 semplicemente respirando.
Tutte stime che confermano quanto concluso da molteplici ricerche condotte nel corso degli anni, le quali hanno individuato microplastiche nell’uomo con gravi ripercussioni su cuore, cervello, e vie aeree.
Contaminazione da microplastiche: come avviene
La contaminazione del suolo si verifica principalmente attraverso l’inquinamento delle risorse idriche, dei compost, dei fanghi, e a seguito dei materiali plastici impiegati nell’agricoltura, oltre che ai depositi atmosferici.
Le particelle di plastica infatti, come i composti chimici dispersi nell’ambiente, possono depositarsi nell’aria per poi precipitare e accumularsi sui terreni, contribuendo così alla contaminazione del suolo.
Inoltre, le condizioni ambientali come ad esempio l’esposizione alla luce solare, all’umidità e al calore, e gli agenti biologici possono contribuire alla frammentazione delle plastiche in particelle più piccole, con conseguenze potenzialmente gravi sull’ambiente e sulla salute umana.
La ricerca sugli effetti delle microplastiche sulle piante di lattuga
L’analisi condotta dai ricercatori dell’Università Cattolica, si è focalizzata sugli effetti delle micro e nanoplastiche sulle piante di lattuga (Lactuca sativa L. var. capitata), valutando quattro diverse dimensioni di particelle di micro e nanoplastica di polietilene, a quattro concentrazioni.
Gli studiosi hanno valutato eventutali cambiamenti nell’attività fotosintetica delle piante, variazioni nella loro forma e strutture ed alterazioni nella composizione chimica del metabolismo delle radici e delle foglie.
Dalla ricerca è emerso che la dimensione delle particelle svolge un ruolo cruciale nell’influenzare questi vari aspetti. In particolare, gli studiosi hanno evidenziato che le plastiche più piccole tendono ad avere un impatto sulle strutture e sulla biochimica delle foglie, mentre quelle di dimensioni maggiori (microplastiche) hanno effetti maggiori sul metabolismo delle piante.
Ad esempio, è stato osservato un accumulo di composti azotati nelle radici dopo l’esposizione alle plastiche. La presenza di microplastiche nel suolo sembra influenzare il ciclo dell’azoto in modi diversi.
Da un lato, si osservano modifiche nelle forme azotate, che sono i vari composti che contengono azoto nell’ambiente. Queste modifiche possono riguardare sia la quantità che la composizione chimica delle forme azotate presenti nel suolo. Dall’altro, si registra un’alterazione delle riserve di azoto disponibili nel terreno. Ciò significa che le quantità di azoto accessibile alle piante possono essere influenzate dalla presenza di microplastiche, potenzialmente compromettendo la nutrizione e la crescita delle colture.
L’importanza dell’azoto nelle piante
L’azoto è vitale per le piante in quanto componente principale delle proteine, degli acidi nucleici e di altre molecole biologiche fondamentali per la loro crescita e sviluppo. Le proteine, costruite da amminoacidi contenenti azoto, sono cruciali per la struttura e le funzioni cellulari. Gli acidi nucleici, come il DNA e l’RNA, che contengono basi azotate, sono essenziali per il trasferimento e lo stoccaggio delle informazioni genetiche. Inoltre, l’azoto è coinvolto nella produzione di clorofilla, il pigmento che abilita la fotosintesi, processo vitale mediante il quale le piante trasformano l’energia solare in energia chimica. La carenza di azoto può quindi provocare ritardi nella crescita, clorosi delle foglie e maggiore suscettibilità a malattie e stress ambientali nelle piante, oltre che compromettere la produttività.
Un “possibile problema di sicurezza alimentare”
Questa ricerca, ha concluso quindi Lucini, dimostra che le nanoparticelle e le microparticelle presenti nel suolo influenzano la crescita delle piante, con conseguenze dirette e indirette sulle radici e sulle foglie. Inoltre, ha aggiunto Lucini, “la presenza di alterazioni del metabolismo anche in foglia, ovvero in organi non direttamente esposti alle micro e nanoplastiche, apre inoltre la possibilità che queste possano essere assorbite e traslocate in colture agrarie, ponendo un possibile problema di sicurezza alimentare“.
Questa ricerca, ha sottolineato Lucini, dimostra che le nanoparticelle e le microparticelle presenti nel suolo influenzano la crescita delle piante, con conseguenze dirette e indirette sulle radici e sulle foglie. Inoltre, ha aggiunto Lucini, “la presenza di alterazioni del metabolismo anche in foglia, ovvero in organi non direttamente esposti alle micro e nanoplastiche, apre inoltre la possibilità che queste possano essere assorbite e traslocate in colture agrarie, ponendo un possibile problema di sicurezza alimentare“.
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