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Ponte sullo Stretto: nuova battaglia legale per Legambiente, Lipu e WWF contro il progetto

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Ponte sullo Stretto: nuova battaglia legale per Legambiente, Lipu e WWF contro il progetto

La controversia sul Ponte sullo Stretto di Messina si infiamma con un nuovo capitolo giudiziario. Legambiente, Lipu e WWF Italia hanno depositato un nuovo ricorso al TAR Lazio per impugnare il parere del 21 maggio 2025 della Commissione VIA-VAS (Valutazione d’Impatto Ambientale e Valutazione Ambientale Strategica) e la delibera governativa relativa alla “Relazione IROPI”.

Le associazioni ribadiscono la loro ferma opposizione a un’opera che considerano dall’impatto ambientale insostenibile, il cui costo stimato in 13,5 miliardi di euro (e destinato ad aumentare) è giudicato “un’offesa” di fronte alle attuali carenze del sistema trasportistico italiano.

Le tre condizioni non rispettate: opera Tra dubbi e prescrizioni

Il cuore del ricorso si concentra su tre condizioni fondamentali, che secondo le associazioni, non sarebbero state dimostrate per giustificare un parere favorevole nella procedura di valutazione di terzo livello (VIncA):

  1. Assenza di alternative: Non sarebbe stata dimostrata l’indispensabilità del Ponte rispetto ad altre soluzioni. Legambiente, Lipu e WWF ricordano come fino al 2022 fossero considerate diverse opzioni di attraversamento, incluse quelle ritenute “meno impattanti” da un gruppo di lavoro ministeriale nel 2021. Le direttive europee impongono di “verificare e documentare in maniera inequivocabile l’assenza di soluzioni alternative in grado di non generare incidenza significativa sui siti Natura 2000”.
  2. Motivazione di interesse pubblico prevalente (IROPI): L’IROPI approvato dal Governo Meloni viene definito dalle associazioni una “semplice dichiarazione politica e ideologica”, priva di documentazione credibile. Il ricorso contesta l’attribuzione al Ponte di effetti risolutivi per tutti i mali del Meridione (sicurezza, PIL, occupazione, sanità) senza un’analisi concreta delle problematicità strutturali. Viene anche menzionata una controversa giustificazione di “interesse militare”, che le associazioni ribaltano come un potenziale punto di debolezza in caso di conflitto.
  3. Compensazioni insufficienti: Le misure compensative presentate non sarebbero idonee a bilanciare gli impatti ambientali inevitabili, e non risponderebbero neppure alle 62 prescrizioni e richieste di approfondimento avanzate dalla stessa Commissione VIA-VAS nel precedente parere del novembre 2024. Le associazioni definiscono il secondo parere della Commissione “virtuale”, non supportato dalle informazioni richieste e in contraddizione con la stessa procedura di III livello VIncA, che impone una valutazione puntuale “ex ante” dei valori naturalistici in gioco.

Il nodo sismico: prossimità a faglie e studi insufficienti

Un ulteriore punto critico sollevato nel nuovo ricorso riguarda il rischio sismico. Non sarebbe stato prodotto uno studio sismico complessivo, approfondito e indipendente. Le associazioni evidenziano la dichiarata e cartografata prossimità del pilone lato Calabria alla faglia sismica di Cannitello.

A parlare chiaro, secondo le associazioni, è anche l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che, in risposta a una richiesta della Commissione VIA-VAS, avrebbe dichiarato: “L’attività e spesso la stessa esistenza della maggior parte di queste faglie è certamente controversa… Resta comunque plausibile che alcune di esse siano attive e potenzialmente capaci”.

L’impegno congiunto di Legambiente, Lipu e WWF Italia prosegue, con l’obiettivo di garantire che un’opera di tale portata rispetti standard rigorosi di sostenibilità, trasparenza e sicurezza.

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