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Rifiuti, in Calabria maxioperazione per reato ambientale su 34 depuratori

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Rifiuti, in Calabria maxioperazione per reato ambientale su 34 depuratori

Un’imponente operazione per reato ambientale delle forze dell’ordine è in corso in Calabria riguardo 34 depuratori per rifiuti. Il focus dell’indagine è un significativo caso di inquinamento ambientale derivante dalla gestione illegale di numerosi impianti di depurazione nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza.. I Carabinieri del Comando Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica, insieme al Comando per la Tutela Forestale e dei Parchi, stanno eseguendo una serie di provvedimenti cautelari personali e reali nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro.

L’operazione Scirocco

L’operazione, che coinvolge attualmente 150 Carabinieri, si sta concentrando su un’organizzazione dedita a ottenere commesse illecite, a compiere frodi nei contratti d’appalto e a commettere reati ambientali connessi alla gestione di 34 depuratori, che forniscono servizi a 40 comuni in Calabria. L’inchiesta è stata denominata “Scirocco”, a condurla i Carabinieri del Nucleo Operativo Centrale e Cooperazione Internazionale del Comando per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, dal Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e dal Gruppo Forestali di Catanzaro. Nel corso delle indagini, i Carabinieri hanno effettuato 17 arresti, di cui 4 in carcere e 13 ai domiciliari. Hanno anche notificato un obbligo di presentazione alla Procura Generale.

I reati contestati

Le accuse, formulate su richiesta della DDA di Catanzaro e autorizzate dal giudice, spaziano dall’associazione per delinquere all’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, dall’inquinamento ambientale alla frode nelle forniture pubbliche. Tra i reati contestati figura anche una tentata estorsione aggravata da modalità mafiosa ai danni di un dipendente, minacciato dagli esponenti della ‘ndrangheta di Cirò Marina su incarico del datore di lavoro. Altri 12 soggetti, tra cui 4 funzionari di enti locali, hanno ricevuto informazioni di garanzia. Il giudice ha inoltre disposto il sequestro preventivo delle quote e del compendio aziendale di sei società con sede in provincia di Catanzaro, per un valore complessivo superiore a 10 milioni di euro.

La tesi dell’accusa

Secondo l’accusa, i responsabili delle società avrebbero ottenuto profitti illeciti riducendo i costi di gestione dei depuratori. Principalmente attraverso il parziale trattamento dei fanghi e la mancata manutenzione prevista. Sono emersi anche aspetti come la redazione di falsi Formulari di identificazione rifiuti e il conferimento fittizio di rifiuti in un impianto del Catanzarese. E ancora, lo smaltimento illegale di ingenti quantità di fanghi. Inoltre, la richiesta indebita agli enti locali per coprire spese di manutenzione che avrebbero dovuto essere a carico delle società.

L’accusa sostiene che tutto ciò abbia provocato il malfunzionamento di numerosi depuratori. In 10 casi si sarebbe verificato sversamento di liquami non trattati nei terreni circostanti e in mare. Durante l’indagine, le forze dell’ordine hanno sequestrato 4 depuratori e hanno effettuato accessi in 24 comuni. L’inchiesta rivela diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con la complicità di funzionari pubblici. I periodici monitoraggi effettuati da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste hanno ulteriormente evidenziato l’entità dell’incidente ambientale.

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