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Mal’Aria di città 2024: l’Italia è ancora lontana dai nuovi limiti

Mal'Aria di città 2024

Mal’Aria di città 2024: l’Italia è ancora lontana dai nuovi limiti

Arriva il nuovo report annuale “Mal’Aria di città 2024” di Legambiente e conferma che l’Italia resta lontana dai nuovi limiti europei stabiliti per la qualità dell’aria. Se ci sono dei miglioramenti, questi sono troppo lenti e troppo piccoli per raggiungere i nuovi standard Ue previsti per il 2030, e soprattutto i valori limite indicati dall’OMS.

Come fa sapere l’associazione ambientalista infatti, nonostante si registri una diminuzione dei livelli di inquinanti atmosferici nel 2023, le città stentano a compiere progressi significativi verso un effettivo miglioramento della qualità dell’aria.

Mal’Aria di città 2024: PM10 oltre i limiti

Il rapporto annuale di Legambiente ha esaminato i livelli di polveri sottili (PM10, PM2.5) e biossido di azoto (NO2) respirati nel corso del 2023 nei capoluoghi di provincia italiani.

Da quanto si apprende, lo scorso anno 18 su 98 città monitorate hanno superato i limiti normativi attuali previsti per gli sforamenti di PM10, pari a 35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metro cubo).

In testa alla classifica delle città fuorilegge c’è Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) a quota 70 giorni di sforamento, il doppio dunque dei valori consentiti. Segue Torino (Grassi) con 66 giorni di sforamento (era invece prima nel 2022 con 98 giorni), Treviso (strada S. Agnese) con 63, e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62.

Superano i 50 giorni di sforamento anche le tre città venete di Rovigo (Centro), Verona (B.go Milano) e Vicenza (Ferrovieri), rispettivamente con 55, 55 e 53. Non è molto lontana Milano, che nella stazione di Milano Senato registra 49 giorni, seguita da Asti (Baussano) 47, Cremona (Piazza Cadorna) 46, Lodi (Viale Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) e Monza (via Machiavelli) 40. Chiudono la classifica Alessandria (D’Annunzio) con 39, Napoli (Ospedale Pellegrini) e Ferrara (Isonzo) con 36.

Come sottolineano dall’associazione, è importante ricordare che i giorni di sforamento del PM10 sono considerati momenti di “picco”, che possono essere fortemente influenzati dalle condizioni meteorologiche, e quindi non necessariamente riflettere in modo accurato il miglioramento o il peggioramento complessivo della qualità dell’aria.

Confrontando i dati del 2023 con gli sforamenti registrati negli anni precedenti, si osserva una riduzione delle città non conformi, che passano da 31 nel 2021 a 29 nel 2022, fino alle attuali 18. Questo suggerisce che il 2023 è stato un anno relativamente migliore, confermato da tale indicatore. Tuttavia, come ricordano ancora da Legambiente, per valutare se esiste un trend di miglioramento o se si tratta solo di un’annata “fortunata” con condizioni meteorologiche favorevoli, è essenziale analizzare le concentrazioni medie annuali dei principali inquinanti (PM10, PM2.5 e NO2).

PM10 e PM2.5 nel 2023

In relazione alle concentrazioni medie annuali registrate per il PM10, delle 98 città capoluogo di provincia di cui si è potuto risalire al dato, nessuna ha superato il limite normativo previsto attualmente, pari a 40 µg/mc. Tuttavia, rispetto ai limiti che verranno approvati a breve dall’UE da raggiungere quanto prima ed entro il 2030, il 69% delle città risulterebbe fuorilegge.

Secondo i nuovi standard europei infatti, le concentrazioni medie annue di PM10 non devono superare i 20 µg/mc, mentre l’OMS suggerisce di limitarle a 15 µg/mc.

Così, Padova, Verona e Vicenza con 32 µg/mc di media annua, si classificano tra le più lontane dai nuovi obiettivi Ue, seguite da Cremona e Venezia (31 µg/mc), e infine da Brescia, Cagliari, Mantova, Rovigo, Torino e Treviso (30 µg/mc). 

Per quanto riguarda il PM2.5, la situazione si presenta molto simile. Le concentrazioni medie si attestano al limite della normativa vigente e ben oltre le nuove soglie europee, lontanissime dalle raccomandazioni OMS.

Secondo i dati 2023, per questo inquinante l’84% delle città analizzate risulterebbe fuorilegge se la nuova normativa Ue fosse in vigore oggi. Ad indossare la maglia nera per le concentrazioni medie annue di PM2.5 sono Padova (24 µg/mc), Vicenza (23 µg/mc), Treviso e Cremona (21 µg/mc). Seguite, subito dopo, da Bergamo e Verona con 20 µg/mc. 

Il biossido di azoto nel 2023

Va meglio, si fa per dire, per il biossido di azoto (NO2); che risulta infatti l’unico inquinante in calo negli ultimi 5 anni, sebbene il 50% delle città si attesta ancora oltre i nuovi standard europei.

Nella classifica delle più inquinate, troviamo Napoli con una concentrazione media annua di 38 µg/mc. Seguono Milano (35 µg/mc), Torino (34 µg/mc), Catania e Palermo (33 µg/mc). Seguono le città di Bergamo e Roma (32 µg/mc), Como (31 µg/mc), Andria, Firenze, Padova e Trento (29 µg/mc). 

Anche per questo inquinante, i capoluoghi italiani analizzati risultano entro la soglia attuale (pari a 40 µg/mc). Tuttavia, dal rapporto emerge che solo 45 su 91 oggi riescono a rispettare i nuovi limiti previsti dall’Ue, pari a 20 µg/mc, e solo 7 rispettano quelli dell’OMS.

Mal’Aria 2024: ltalia lontana da standard europei

Secondo l’analisi di Legambiente contenuta nell’ultimo Mal’Aria di città 2024, “la distanza è ancora troppo elevata e soprattutto i numeri dicono che il processo di riduzione delle concentrazioni è inesistente o comunque troppo lento”.

Come ha spiegato anche Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, ad oggi ben 35 città devono tagliare le concentrazioni di PM10 con una percentuale di riduzione che varia tra il 20% e il 37% per per rientrare nei nuovi limiti previste entro il 2030 dalla nuova Direttiva Ue.

La distanza è ulteriormente ampia da questi se si guarda al PM2.5. Per rientrare nei nuovi standard infatti, 51 città devono puntare ad una riduzione tra il 20% e il 57% di questo inquinante nell’aria. Ma la situazione non è migliore per l’NO2, con 24 città chiamate a ridurre le emissioni tra il 20% e il 48% entro il 2030.

Verso un “cambiamento radicale”

“Alla luce degli standard dell’OMS, che suggeriscono valori limite molto più stringenti dei valori di legge attuali e che rappresentano il vero obiettivo per salvaguardare la salute delle persone, la situazione diventa ancora più critica”, ha dichiarato Minutolo. “Bisogna determinare una svolta a livello nazionale e territoriale per ridurre l’impatto sanitario sulla popolazione italiana, il costo ad esso associato, e il danno agli ambienti naturali”. 

“Ancora una volta l’obiettivo di avere un’aria pulita nei centri urbani italiani rimane un miraggio – ha aggiunto Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “Le fonti sono note così come sono disponibili e conosciute le azioni e le misure di riduzione delle emissioni, ma continuiamo a registrare ancora forti e ingiustificati ritardi nel promuovere soluzioni trasversali”.

Serve quindi un cambiamento radicale, attuando misure strutturali ed integrate, capaci di impattare efficacemente sulle diverse fonti di smog, dal riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura e la zootecnia fino alla mobilità”, conclude lui.

Ogni anno in Italia, ricorda infine l’associazione, l’inquinamento dell’aria da PM2.5 causa 47.000 decessi prematuri. Con l’ultima revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria prevista per questo mese, Legambiente esorta il Governo italiano a non “ostacolare ulteriormente questo percorso, evitando deroghe e clausole che possano giustificare ritardi nel raggiungimento degli obiettivi”.

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