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L’oro nascosto nei rifiuti elettronici: in Europa vale un milione di tonnellate di materie prime critiche

L’oro nascosto nei rifiuti elettronici: in Europa vale un milione di tonnellate di materie prime critiche

Ogni anno, l’Europa produce una quantità enorme di rifiuti elettronici, eppure in questi scarti si nasconde un valore strategico ancora largamente ignorato. Telefoni, computer, elettrodomestici, cavi e altri dispositivi dismessi non rappresentano soltanto un problema ambientale: sono una vera e propria miniera urbana, capace di offrire oltre un milione di tonnellate di materie prime critiche, indispensabili per alimentare la transizione verde, il settore digitale e la sicurezza del continente.

È questo il cuore del nuovo rapporto “Critical Raw Materials Outlook for Waste Electrical and Electronic Equipment”, elaborato dal consorzio FutuRaM con il sostegno dell’Unione Europea. L’analisi è stata pubblicata in occasione della Giornata Internazionale dei Rifiuti Elettronici, che si celebra il 14 ottobre, e offre per la prima volta una panoramica dettagliata dei flussi di apparecchiature elettriche ed elettroniche dismesse nei 31 Paesi dell’area UE27+4, ovvero Unione Europea, Regno Unito, Norvegia, Svizzera e Islanda.

Un potenziale ancora largamente sprecato

Nel solo 2022, questi Paesi hanno generato oltre 10,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, una quantità pari a circa 20 chilogrammi per abitante. All’interno di questi scarti sono stati identificati 29 diversi tipi di materie prime critiche, tra cui rame, alluminio, silicio, tungsteno, palladio e numerosi elementi di terre rare. Tuttavia, solo il 54% di questi rifiuti è stato gestito secondo gli standard europei. Il restante 46% è stato trattato al di fuori dei canali ufficiali, spesso senza alcuna tracciabilità.

Dal flusso ufficiale sono state recuperate circa 400.000 tonnellate di materie prime critiche, ma una parte significativa di esse – quasi 100.000 tonnellate – è comunque andata persa, soprattutto nei materiali più difficili da estrarre, come i magneti e le polveri fluorescenti. Nei circuiti non conformi, invece, le perdite sono ancora più gravi: milioni di tonnellate finiscono ogni anno mescolate a rottami, smaltite in discarica, incenerite oppure esportate per usi non monitorati. Il risultato è una dispersione sistematica di risorse che l’Europa, in piena crisi di approvvigionamento, non può più permettersi.

Il futuro dei RAEE

Le previsioni contenute nel rapporto indicano che, entro il 2050, la quantità di rifiuti elettronici generati ogni anno nell’UE27+4 potrebbe aumentare fino a raggiungere i 19 milioni di tonnellate, quasi il doppio rispetto ai livelli attuali. Anche la quantità di materie prime critiche incorporate in questi prodotti è destinata a crescere, spinta dall’aumento dell’uso di tecnologie complesse come pannelli solari, caricabatterie per veicoli elettrici, server e dispositivi digitali.

Il potenziale di recupero dipenderà in larga parte dalle politiche adottate. In uno scenario di “business as usual”, i livelli di riciclo rimarrebbero modesti, lasciando inutilizzate grandi quantità di materiali strategici. In alternativa, uno scenario di recupero avanzato – basato su investimenti nelle infrastrutture e nelle tecnologie di trattamento – potrebbe consentire all’Europa di recuperare fino a 1,5 milioni di tonnellate di materie prime critiche all’anno. Lo scenario ideale resta quello dell’economia circolare: attraverso una progettazione intelligente, un’efficace raccolta e la promozione del riutilizzo, sarebbe possibile mantenere stabile il volume dei rifiuti elettronici e, al contempo, garantire un elevato tasso di recupero.

Dietro ogni dispositivo, una risorsa strategica

Questa rivoluzione parte dalla consapevolezza. Ogni oggetto elettronico che utilizziamo quotidianamente contiene elementi preziosi. Nei cavi e nei circuiti stampati c’è rame; negli involucri troviamo alluminio; nei chip e nei display si nascondono metalli come palladio, tantalio, gallio e terre rare. Anche prodotti apparentemente banali come asciugacapelli, mouse, controller di gioco e lampade fluorescenti contengono materiali vitali per la manifattura e la difesa tecnologica europea.

Sapere dove si trovano queste risorse è il primo passo per non disperderle. Ma serve di più: serve ripensare l’intero ciclo di vita dei prodotti elettronici.

Come cambiare rotta

Il rapporto FutuRaM evidenzia le principali leve su cui intervenire. Prima fra tutte, la raccolta: è fondamentale moltiplicare i punti di conferimento, incentivare la restituzione dei dispositivi usati e coinvolgere maggiormente i consumatori. Un secondo passo riguarda la progettazione: se i dispositivi fossero realizzati per essere smontati più facilmente, con moduli standardizzati e materiali ben identificati, il recupero dei componenti critici diventerebbe più efficiente.

Un ulteriore fronte riguarda le tecnologie di trattamento. Oggi l’Europa dispone di impianti in grado di garantire solo una resa parziale. Per migliorare la situazione, sarà necessario investire in metodi di riciclo meccanico, pirometallurgico e idrometallurgico più avanzati. Anche le politiche pubbliche possono fare la differenza: eco-progettazione, incentivi per la durabilità e strumenti economici mirati possono rendere la scelta del riciclo più vantaggiosa lungo tutta la catena del valore.

Il riciclo come chiave della resilienza europea

Jessika Roswall, commissaria europea per l’Ambiente e l’Economia Circolare, ha sottolineato come l’Europa dipenda ancora per oltre il 90% dalle importazioni di materie prime essenziali, ma ne ricicli solo l’1%. In un mondo sempre più instabile, tra conflitti, divieti commerciali e crisi energetiche, questa fragilità rappresenta un rischio crescente. Il riciclo, quindi, non è solo una scelta ambientale, ma una vera e propria strategia geopolitica.

Pascal Leroy, direttore del Forum RAEE che promuove la Giornata Internazionale dei Rifiuti Elettronici, ha ribadito come queste materie prime siano alla base di ogni tecnologia moderna: senza di esse non ci sarebbero batterie, chip, turbine né sistemi digitali. L’Europa ha ora l’occasione di costruire una propria filiera circolare, riducendo la dipendenza da paesi terzi e trasformando i rifiuti in una fonte stabile e sostenibile di ricchezza.

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