Comuni rinnovabili: l’Italia cresce, ma è in ritardo sugli obiettivi 2030
Negli ultimi vent’anni l’Italia ha compiuto un importante percorso nella diffusione delle energie rinnovabili e delle buone pratiche energetiche. Lo conferma l’ultima edizione del report Comuni Rinnovabili 2025 di Legambiente, realizzato con il supporto del GSE, che traccia un bilancio solido ma non privo di criticità. L’aumento costante della produzione da fonti pulite, l’espansione delle comunità energetiche e il coinvolgimento dei territori sono segnali chiari di una trasformazione in atto. Tuttavia, il ritmo resta troppo lento rispetto agli obiettivi europei fissati per il 2030.
Una crescita costante, ma ancora insufficiente
Dal 2004 al 2024, la potenza efficiente netta installata in Italia da fonti rinnovabili è passata da poco più di 20.000 megawatt a oltre 74.000. Si tratta di un incremento del 267%, pari a una media annuale di 2.700 MW. In parallelo, il numero degli impianti è cresciuto esponenzialmente: si è passati da appena 2.452 installazioni nel 2004 a quasi 1,9 milioni nel 2024. A trainare questa crescita sono stati soprattutto il solare fotovoltaico, l’eolico e l’idroelettrico.
Il solare ha visto un’espansione impressionante, con una crescita di oltre 37.000 MW distribuiti in circa 1,8 milioni di impianti, di cui 276.000 installati nel solo 2024. I comuni italiani coinvolti nella produzione fotovoltaica sono passati da 74 a ben 7.873. Anche l’eolico ha registrato un’evoluzione significativa: dagli appena 120 impianti del 2004 si è passati a più di 6.000, con una potenza aggiuntiva di quasi 12.000 MW. L’anno scorso sono stati realizzati 84 nuovi impianti, che hanno interessato 66 comuni, nonostante le numerose opposizioni locali.
L’idroelettrico, sebbene cresciuto in maniera più contenuta, ha comunque aumentato la propria presenza, passando da poco più di 17.000 MW a circa 19.000. Anche geotermia e bioenergie hanno mostrato segnali positivi, contribuendo alla diversificazione del mix energetico nazionale.
Le comunità energetiche
Accanto alla crescita degli impianti, un altro fenomeno significativo riguarda la diffusione delle comunità energetiche rinnovabili e solidali. Si tratta di realtà locali che mettono insieme cittadini, enti pubblici e imprese per condividere l’energia prodotta da impianti rinnovabili. In questi anni Legambiente ne ha censite oltre 350, testimonianza concreta di una rivoluzione energetica che parte dal basso.
Nel 2025, con la seconda edizione del Premio C.E.R.S., sono state premiate cinque esperienze virtuose. Tra queste spicca la Fondazione CER ITALIA, nata nel comune toscano di Montevarchi, oggi estesa su scala nazionale con oltre 400 aderenti tra cittadini, imprese, associazioni e pubbliche amministrazioni. Anche nel Lazio si è distinta la Comunità Illuminati Sabina, un progetto nato per iniziativa di cittadini, agricoltori e associazioni locali che oggi copre ben tre cabine primarie.
In Lombardia, invece, la Comunità Solare che coinvolge i territori di Lodi, Piacenza e Milano ha sviluppato una struttura cooperativa-impresa sociale, con più di 100 impianti fotovoltaici già attivi o in fase di realizzazione. Tra le menzioni speciali, degne di nota sono la CER Vele di Roma, la prima nel centro storico della capitale, e la Comunità CERNES della Calabria, fondata sulla solidarietà e ispirata ai valori dell’enciclica Laudato Si’.
Lavoro e rinnovabili
La crescita delle rinnovabili non è solo una questione ambientale: ha ricadute concrete anche sull’occupazione. L’Italia è oggi il secondo paese in Europa per numero di occupati nel settore delle rinnovabili, con oltre 212.000 lavoratori, superata solo dalla Germania. Un dato significativo riguarda le pompe di calore, che danno lavoro a circa 135.000 persone, facendo dell’Italia il primo paese europeo in questo ambito. Il settore fotovoltaico conta oltre 26.000 occupati, mentre l’eolico ne impiega circa 9.000.
Questi numeri dimostrano che investire nelle rinnovabili significa anche creare posti di lavoro qualificati e duraturi, oltre a favorire lo sviluppo delle filiere industriali connesse.
Gli ostacoli normativi e il rischio ritardi sull’obiettivo 2030
Nonostante i progressi, l’Italia è in ritardo rispetto al target europeo del 2030. Dal 2021 al 2024 sono stati installati solo 19.297 MW di nuova potenza da fonti rinnovabili, pari al 24% dei 80.001 MW previsti dal Decreto Aree Idonee. Per rispettare gli impegni, il nostro Paese dovrebbe installare oltre 60.000 MW nei prossimi cinque anni e mezzo, cioè più di 11.000 MW l’anno.
Un ritmo che appare difficile da sostenere senza un deciso cambio di passo. Il 2024, ad esempio, ha visto l’installazione di circa 7.480 MW: troppo pochi per raggiungere gli obiettivi fissati. I motivi di questo rallentamento sono noti: iter autorizzativi complessi, opposizioni locali, confusione normativa e ostacoli burocratici, come quello sulle Aree Idonee che il TAR del Lazio ha recentemente criticato.
Le proposte per sbloccare la transizione
Legambiente ha avanzato 12 proposte al Governo per accelerare la transizione. Al centro vi è la necessità di rivedere il Decreto Aree Idonee e la Legge 199/2021, con indicazioni chiare e coerenti alle Regioni per superare logiche di divieto generalizzato. Serve inoltre rivedere il Decreto Agricoltura, consentendo la realizzazione di impianti rinnovabili su terreni agricoli degradati o inutilizzati.
Un’accelerazione è richiesta anche per le attività di repowering degli impianti esistenti, così come per lo sviluppo dell’eolico offshore, oggi limitato a 3,8 GW, contro un potenziale stimato di almeno 15 GW. Inoltre, è urgente rafforzare gli organici dei Ministeri, delle Regioni e dei Comuni coinvolti nei processi autorizzativi e completare la transizione verso un sistema di prezzi energetici più equo, eliminando distorsioni come il corrispettivo aggiuntivo Arera.
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