SECA Mediterraneo: dal 1° maggio una svolta per l’aria, ma restano ombre sui controlli
Dal 1° maggio è entrata ufficialmente in vigore l’Area di Controllo delle Emissioni di Zolfo (SECA) per tutto il bacino del Mediterraneo. Le nuove norme impongono alle navi di utilizzare carburanti con un contenuto di zolfo non superiore allo 0,1%, contro lo 0,5% previsto finora: una riduzione pari a cinque volte, destinata ad avere un forte impatto sulla qualità dell’aria e sulla salute pubblica.
Approvata dall’Organizzazione Marittima Internazionale nel dicembre 2022, la SECA Mediterranea promette benefici ambientali e sanitari senza precedenti. Secondo le stime, potrà prevenire 1.100 morti premature e 2.300 casi di asma infantile ogni anno, tutelando la salute dei 250 milioni di persone che vivono nell’area. Ma a preoccupare è l’effettiva applicazione della normativa, soprattutto in Italia, dove i controlli sulle emissioni navali restano scarsi e poco efficaci.
I benefici attesi: meno inquinamento, più salute
Oltre alla salute umana, la nuova normativa porterà benefici tangibili anche agli ecosistemi terrestri e marini, contribuendo a contrastare fenomeni come l’acidificazione delle acque. Tuttavia, il successo della SECA dipenderà dall’impegno delle autorità nazionali a garantirne il rispetto.
“È dal 2016 che chiediamo interventi concreti per l’applicazione della normativa: più personale nelle capitanerie, uso dei droni per monitorare i fumi navali, controlli sulle prestazioni ambientali delle navi. Ma siamo rimasti inascoltati”, denuncia Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria. “Il 1° maggio deve segnare una vera svolta, altrimenti il rischio è che resti solo un’operazione di facciata”.
Scrubber: una falsa soluzione che inquina il mare
Una delle criticità riguarda l’uso sempre più diffuso degli scrubber (sistemi di lavaggio dei fumi), che permettono alle navi di continuare a utilizzare carburanti ad alto tenore di zolfo, “lavando” i fumi prima della loro emissione in atmosfera, ma scaricando in mare sostanze altamente inquinanti. Una soluzione che consente risparmi economici per gli armatori, ma danneggia gravemente l’ecosistema marino.
Molti paesi e porti nel mondo hanno già vietato gli scrubber. In Italia, invece, sono ancora consentiti. “A dicembre abbiamo chiesto al MASE di bandirli, ma non abbiamo ricevuto risposta”, spiega Gerometta. “Senza uno stop immediato a questa pratica, rischiamo di sostituire un inquinamento con un altro”.
NOx: il grande assente. Serve una SECA anche per gli ossidi di azoto
A differenza delle altre aree ECA già in vigore in Europa (Mare del Nord, Baltico e Atlantico), la SECA del Mediterraneo non include la riduzione degli ossidi di azoto (NOx), sostanze che rappresentano un grave rischio per la salute e l’ambiente. Una lacuna importante, soprattutto per l’Italia, che da sola è responsabile del 50% delle emissioni navali di NOx in Europa.
Secondo i dati raccolti nel 2024 da NABU e altre organizzazioni, il 24% delle misurazioni nei porti del Mediterraneo supera i limiti UE per il biossido di azoto, e il 97% supera quelli raccomandati dall’OMS. “Il vero passo avanti sarà quando il Mediterraneo diventerà anche area NECA”, afferma Enzo Tortello, presidente del Comitato Tutela Ambientale Genova Centro Ovest.
Controlli navali inadeguati: l’Italia fanalino di coda
L’efficacia della SECA sarà legata alla capacità di monitoraggio delle autorità portuali. Ma in Italia i controlli sono pochi, spesso preannunciati – rendendoli inefficaci – e penalizzati da normative che li depotenziano. Un’indagine di Cittadini per l’aria ha rivelato che il sistema europeo prevede un numero minimo di controlli non in base al traffico reale, ma al numero di navi diverse che attraccano una volta all’anno.
Risultato? Paesi come la Lituania effettuano 150 controlli ogni 10.000 scali, mentre in Italia il minimo è appena 4 su 10.000. Non solo: i dati ufficiali sugli scali italiani risultano sottostimati, riducendo ulteriormente il numero di verifiche previste.
Nel dicembre 2024, una coalizione di 21 associazioni ha inviato una denuncia alla Commissione Europea, chiedendo l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per inadempienza nella sorveglianza delle emissioni navali. Anche in questo caso, però, nessuna risposta è ancora pervenuta da Bruxelles.
La SECA è solo il primo passo
La designazione del Mediterraneo come SECA è una conquista fondamentale per l’ambiente e la salute, ma non può restare isolata. Senza un sistema efficace di controlli, il bando degli scrubber e l’estensione alle emissioni di NOx, rischia di essere un’opportunità mancata.
Le associazioni della rete Facciamo respirare il Mediterraneo – tra cui Cittadini per l’aria, Livorno Porto Pulito, Italia Nostra, Ecoistituto di Reggio Emilia e Genova, solo per citarne alcune – continuano a chiedere che la politica faccia la propria parte. Il futuro dell’aria e del mare Mediterraneo è una sfida che non possiamo permetterci di perdere.
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