Pascoli in crisi: il nemico principale è il cambiamento climatico
Il sovrapascolo è da tempo considerato una delle principali cause del degrado dei pascoli in tutto il mondo. Per questo, in molti Paesi sono in vigore misure restrittive che limitano le dimensioni delle mandrie o impongono tasse sul bestiame. Tuttavia, un nuovo studio condotto dalla Cornell University e pubblicato sulla rivista Science mette in discussione questa convinzione.
I ricercatori hanno analizzato oltre quarant’anni di dati provenienti dalla Mongolia, un Paese dove il 70% del territorio è costituito da pascoli. Il risultato è sorprendente: il cambiamento climatico ha un impatto molto più rilevante del numero di animali al pascolo.
Cosa accade in Mongolia: dati e risultati dello studio
Il team del Cornell SC Johnson College of Business ha esaminato dati raccolti a livello di contea (soum) su un periodo di 41 anni. Questi includono censimenti annuali del bestiame e monitoraggi stagionali sulla vegetazione dei pascoli. Secondo il professor Chris Barrett, autore principale dello studio, le variazioni a lungo termine nelle condizioni dei pascoli sono attribuibili quasi interamente ai cambiamenti climatici.
Anche le variazioni climatiche annuali hanno avuto un impatto circa venti volte superiore a quello delle dimensioni delle mandrie sulla produttività dei pascoli. In altre parole, la crisi climatica globale sta influenzando più direttamente la salute dei pascoli che le attività dei pastori locali.
Gli effetti limitati del sovrapascolo
Lo studio riconosce che mandrie più grandi possono causare una leggera riduzione della produttività dei pascoli nel breve termine. Tuttavia, a lungo termine, questo impatto scompare. Il clima, invece, continua a esercitare pressioni crescenti, rendendo sempre più difficile per i pastori mantenere una fonte di sostentamento stabile.
I ricercatori hanno anche evidenziato come eventi climatici estremi, come le tempeste invernali note come dzud, abbiano un impatto devastante sulla sopravvivenza del bestiame. Il sovrapascolo, quindi, rappresenta solo una parte molto marginale del problema complessivo.
Le implicazioni per le politiche ambientali e sociali
Alla luce di questi risultati, lo studio invita i decisori politici a riconsiderare l’approccio alla gestione dei pascoli. Le politiche focalizzate sulla tassazione o sulla riduzione delle mandrie rischiano di colpire ingiustamente i pastori locali, soprattutto in Paesi che contribuiscono poco alle emissioni globali di gas serra.
Gli autori suggeriscono di concentrare gli sforzi su due fronti: da un lato, rafforzare le politiche internazionali per la mitigazione del cambiamento climatico; dall’altro, istituire meccanismi di compensazione climatica per le popolazioni colpite, come quelle mongole, che subiscono danni per cause che non dipendono direttamente da loro.
Una sfida globale
Più della metà della superficie terrestre è coperta da pascoli e questi alimentano il 50% del bestiame mondiale. Oltre 2 miliardi di persone dipendono da questi ecosistemi per il proprio sostentamento. La salute dei pascoli, quindi, non è solo una questione locale, ma un elemento centrale della sicurezza alimentare globale.
Il cambiamento climatico minaccia direttamente questa risorsa fondamentale, rendendo urgente un ripensamento delle strategie di conservazione e gestione del territorio. Le soluzioni non possono limitarsi al controllo delle attività locali, ma devono affrontare le cause strutturali a livello globale.
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