L’allarme di Legambiente: spiagge devastate da ruspe e mezzi meccanici
Ruspe, trattori, vagliatrici. Non è l’inizio di un cantiere, ma la scena quotidiana su molte spiagge italiane, da Nord a Sud, comprese le isole. Ogni estate, questi mezzi compattano la sabbia, distruggono nidi di tartaruga marina, uccidono pulcini di specie protette e compromettono gli ecosistemi costieri. Una prassi apparentemente normale, ma che nasconde una vera e propria emergenza ambientale ancora largamente ignorata dalle amministrazioni locali.
Biodiversità cancellata in nome della “pulizia”
Legambiente, capofila del progetto europeo LIFE Turtlenest, lancia un grido d’allarme per la crescente meccanizzazione delle spiagge. L’impiego indiscriminato di mezzi pesanti, unito all’occupazione sistematica degli arenili con attrezzature, passerelle, ombrelloni e dehors, sta progressivamente eliminando ogni spazio vitale per la fauna e la flora costiera. Una trasformazione silenziosa ma devastante, spesso in violazione delle direttive europee e della normativa italiana vigente.
Il caso simbolo di questa deriva è quello di Pinarella di Cervia (RA), dove una turista è stata travolta e uccisa da una ruspa cingolata il 24 maggio scorso. Il mezzo stava livellando la spiaggia senza autorizzazione, durante l’orario di balneazione. Un evento tragico che non rappresenta un’eccezione, ma un sintomo di una prassi pericolosa ormai diffusa su tutto il territorio nazionale, anche in aree protette o classificate come siti Natura 2000.
Il paradosso della “pulizia”: danni ambientali e costi pubblici
Come denuncia Stefano Di Marco, project manager di LIFE Turtlenest, ogni passaggio meccanico danneggia profondamente il litorale: «È come passare uno spazzaneve in un giardino botanico. Si asportano posidonia, conchiglie, legni, si riduce l’umidità del suolo e aumenta la temperatura superficiale. Il risultato è l’erosione accelerata delle spiagge e la distruzione dell’habitat naturale». Questo ciclo vizioso porta a ulteriori costi pubblici per i ripascimenti artificiali, spese che si potrebbero evitare rispettando i processi naturali.
Tartarughe marine e fratino: specie minacciate da trattori e cingoli
Tra le vittime più evidenti ci sono la tartaruga marina Caretta caretta e il fratino, un piccolo uccello limicolo che nidifica sulla sabbia. Ogni anno, secondo i dati dei circoli costieri di Legambiente, decine di nidi vengono distrutti prima ancora che i pulcini possano nascere. Eppure, le leggi ci sono: l’art. 12 della Direttiva Habitat (92/43/CEE), la Direttiva Uccelli (2009/147/CE) e il DPR 357/1997 vietano espressamente la distruzione dei siti riproduttivi delle specie protette in tutta Italia, non solo nei siti Natura 2000.
Moratoria e più controlli
Per Legambiente, la tutela della biodiversità costiera non può più essere demandata alla buona volontà di pochi. È necessaria una moratoria nazionale sull’uso dei mezzi meccanici durante la stagione riproduttiva e nelle ore di balneazione, un divieto permanente nelle aree protette e controlli severi da parte della Guardia Costiera e dei Carabinieri Forestali. Solo così si potrà garantire un’efficace protezione del patrimonio naturale e della sicurezza dei cittadini.
Cambio culturale nella gestione delle spiagge
«Chi ama il mare non spiana le spiagge: le difende», afferma Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Il futuro del turismo costiero è legato alla natura, non ai cingoli. Regioni e Comuni sono chiamati a emanare ordinanze locali a tutela dei nidi e degli habitat, incentivare la pulizia manuale e premiare chi adotta modelli di gestione sostenibili. Ogni nido schiacciato, ribadisce Legambiente, è un danno per il Mediterraneo e per l’economia blu.
Le Regioni scrivono il futuro della Rete Natura 2000
La sfida si gioca ora anche sul piano normativo. Le Regioni stanno aggiornando in queste settimane le Misure di Conservazione sito-specifiche delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC), che sostituiranno i vecchi Piani di Gestione. Si tratta di un passaggio fondamentale per il futuro della Rete Natura 2000 in Italia. È quindi cruciale che le nuove regole siano rigorose, applicabili e verificabili, per garantire una protezione reale degli ecosistemi costieri per gli anni a venire.
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