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Stop alle auto diesel Euro 5 rinviato al 2026: cosa cambia per l’ambiente e la mobilità nelle grandi città italiane

Stop diesel Euro 5

Stop alle auto diesel Euro 5 rinviato al 2026: cosa cambia per l’ambiente e la mobilità nelle grandi città italiane

Il governo italiano ha deciso di posticipare al 1° ottobre 2026 il blocco alla circolazione delle auto diesel Euro 5 nelle regioni del Bacino Padano (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), una misura pensata per contrastare l’inquinamento atmosferico tra i più alti d’Europa. Non solo: il divieto sarà applicato solo nei comuni con più di 100.000 abitanti, anziché 30.000 come inizialmente previsto. Questa scelta, che ha suscitato dibattiti e proteste, rappresenta un compromesso tra esigenze ambientali, sociali ed economiche, con importanti riflessi sulla qualità dell’aria e sulla salute pubblica.



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Perché si bloccherebbero le auto diesel Euro 5?

Le auto diesel Euro 5, immatricolate tra il 2009 e il 2015, sono tra i veicoli più inquinanti ancora in circolazione, soprattutto per quanto riguarda le emissioni di ossidi di azoto (NOx), nocivi per l’apparato respiratorio e cardiovascolare. Questi inquinanti contribuiscono in modo significativo allo smog nelle aree urbane ad alta densità di traffico, come la Pianura Padana, dove i livelli di PM10 e NO2 superano da anni i limiti europei.

L’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per il mancato rispetto degli standard sulla qualità dell’aria, e il blocco dei diesel Euro 5 rappresenta una delle misure chiave per allinearsi alle direttive europee e ridurre l’inquinamento atmosferico.

Il rinvio al 2026: un anno in più di circolazione, un impatto ambientale diluito

Il rinvio di un anno, dal 2025 al 2026, consente a circa 1,3 milioni di veicoli diesel Euro 5 di continuare a circolare liberamente nelle regioni più inquinate d’Italia, con un effetto inevitabile sul peggioramento o, quantomeno, sul rallentamento del miglioramento della qualità dell’aria nel breve periodo.

Inoltre, limitare il blocco ai soli comuni con più di 100.000 abitanti significa escludere molte città medie e piccole, lasciando vaste aree del territorio ancora esposte all’inquinamento prodotto da questi veicoli. Il risultato è un effetto “a macchia di leopardo” che riduce l’efficacia complessiva delle politiche anti-smog.

Maggiore flessibilità per le Regioni: opportunità o rischio?

Il decreto prevede che le Regioni possano evitare il blocco strutturale se adottano misure alternative equivalenti per la riduzione delle emissioni, come incentivi alla rottamazione, potenziamento del trasporto pubblico o estensione delle zone a traffico limitato (ZTL). Questa flessibilità è una novità importante, perché permette strategie più personalizzate e integrate, ma rappresenta anche una sfida: le misure alternative devono essere efficaci e tempestive per non vanificare gli obiettivi ambientali.

Il Codacons ha sottolineato che questo tempo extra deve essere utilizzato per adottare politiche strutturali che migliorino realmente la qualità dell’aria, evitando che il rinvio si traduca in un semplice posticipo del problema.

Impatti sociali ed economici: un anno per una transizione più equa

Dietro il dibattito tecnico e politico ci sono milioni di cittadini che utilizzano quotidianamente auto diesel Euro 5, spesso modelli usati e più accessibili economicamente. Il rinvio evita un impatto immediato e potenzialmente traumatico per queste famiglie, dando più tempo per pianificare alternative di mobilità sostenibile, come il noleggio a lungo termine o l’acquisto di veicoli a basse emissioni.

Tuttavia, questa tregua temporanea non deve diventare un alibi per ritardare la transizione ecologica, pena il rischio di perpetuare disuguaglianze ambientali e sociali nelle aree più inquinate d’Italia.

Il rinvio come banco di prova per la mobilità sostenibile

Il rinvio dello stop alle auto diesel Euro 5 al 2026 e la limitazione territoriale del blocco riflettono la complessità della transizione ecologica in Italia. Se da un lato rallentano il miglioramento della qualità dell’aria nel breve termine, dall’altro offrono una finestra di opportunità per costruire strategie più efficaci, inclusive e condivise.

Il vero banco di prova sarà la capacità delle Regioni di utilizzare questo tempo per adottare misure strutturali e innovative, evitando che il rinvio si traduca in un semplice posticipo del problema e in un mancato miglioramento della salute pubblica.

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