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Tra legge e scienza: l’abbattimento dei lupi scalda il fronte delle associazioni

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Tra legge e scienza: l’abbattimento dei lupi scalda il fronte delle associazioni

Il TAR di Trento ha respinto il ricorso di diverse associazioni animaliste e ambientaliste, autorizzando l’abbattimento di due lupi responsabili di predazioni sul bestiame in Lessinia. La decisione, definita “crudele” e “inefficace” da ENPA, LAV, LNDC Animal Protection e WWF, ha scatenato una reazione decisa, con le associazioni che hanno già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato per bloccare il provvedimento.

Una “condanna a morte” contro la scienza?

Le associazioni contestano la decisione, sostenendo che l’uccisione dei lupi non sia un’azione efficace per risolvere il problema delle predazioni. A loro avviso, il provvedimento è figlio di una “chiara linea politica” e di pregiudizi, che ignora le evidenze scientifiche. I dati scientifici dimostrano infatti che l’unica soluzione a lungo termine per prevenire gli attacchi del lupo è l’utilizzo e la corretta manutenzione dei sistemi di prevenzione.

Le stesse associazioni evidenziano come, nel caso specifico, i forestali trentini abbiano accertato gravi carenze nella protezione del bestiame. La recinzione era in parte danneggiata, con “erba alta” che ne comprometteva l’efficacia, e mancavano i cani da guardiania, un metodo di protezione riconosciuto come fondamentale.

Le implicazioni sulla popolazione di lupi e i prossimi passi

L’eventuale abbattimento dei due lupi, unito ai quattro esemplari già avvelenati in Valsugana negli scorsi mesi, porterebbe a superare la quota massima di prelievi annuali stabilita da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, compromettendo lo stato di conservazione della popolazione trentina.

Per questo motivo, i legali delle associazioni stanno già predisponendo un ricorso al Consiglio di Stato per tentare di fermare l’esecuzione dei lupi. Inoltre, le associazioni hanno annunciato l’intenzione di denunciare l’accaduto alla Corte dei Conti, chiedendo che chi ha firmato il decreto di abbattimento paghi personalmente il “danno procurato alla collettività”.


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