Taranto verso l’acciaio verde: il nuovo studio Legambiente-Uniba
Da simbolo della crisi industriale a esempio di transizione ecologica. È questa la prospettiva delineata dallo studio “Taranto dopo il carbone. Proposte per un futuro pulito: scenari di decarbonizzazione del siderurgico, fonti rinnovabili, lavoro”, realizzato dall’Università di Bari per Legambiente, con il sostegno della European Climate Foundation. Lo studio è stato presentato a Taranto durante un incontro pubblico, nell’ambito della campagna “Per un Clean Industrial Deal made in Italy”.
L’obiettivo è chiaro: proporre un modello industriale basato su tecnologie pulite, fonti rinnovabili e occupazione sostenibile, allineato con il Green Deal europeo e la neutralità climatica entro il 2050.
Tre scenari per decarbonizzare l’ex Ilva
Al centro dell’analisi ci sono tre scenari tecnologici per sostituire il ciclo integrale a carbone con sistemi più sostenibili:
Tre forni elettrici ad arco (EAF) alimentati da rottame metallico
EAF abbinati alla riduzione diretta del minerale di ferro con gas naturale (NG DRI-EAF)
EAF alimentati da preridotto prodotto con idrogeno verde (H₂ DRI-EAF)
Le simulazioni mostrano che una combinazione di preridotto e rottame può ridurre i consumi energetici del 36% e le emissioni fino all’85%. Con l’idrogeno verde, la riduzione può raggiungere il 90–95%, a patto che tutta l’energia utilizzata provenga da fonti rinnovabili.
Acciaio pulito e fonti rinnovabili
Per garantire la piena decarbonizzazione, serve una forte accelerazione nello sviluppo delle fonti rinnovabili. Lo studio evidenzia la necessità di nuove infrastrutture elettriche, impianti solari ed eolici, elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde e reti intelligenti per la distribuzione dell’energia.
La strategia prevede una piena integrazione tra politiche energetiche e industriali, in coerenza con il PNIEC e la Strategia nazionale sull’idrogeno, per sostenere la competitività del comparto siderurgico in chiave green.
L’impatto occupazionale della transizione
La trasformazione tecnologica comporterà inevitabili conseguenze sul piano occupazionale. I nuovi processi produttivi richiedono meno manodopera diretta, con una possibile riduzione fino al 45% della forza lavoro attuale dell’ex Ilva. Tuttavia, lo studio propone una visione più ampia, considerando anche l’occupazione generata dalla filiera della transizione.
Secondo le stime, l’espansione delle fonti rinnovabili necessarie per alimentare il nuovo impianto potrebbe creare oltre 8.000 posti di lavoro aggiuntivi. Questo include settori come la produzione di componenti per impianti solari ed eolici, l’idrogeno verde, la cantieristica navale e la logistica.
Un piano per la formazione e la transizione giusta
Lo studio sottolinea l’urgenza di un piano di reskilling e upskilling per i lavoratori coinvolti nella transizione, attraverso una rete formativa che unisca università, istituti tecnici superiori e imprese. L’obiettivo è garantire che la nuova occupazione sia qualificata e radicata sul territorio, favorendo una transizione equa.
Esperienze europee e il ruolo dello Stato
Il percorso tracciato per Taranto non è isolato. Progetti analoghi sono in corso in Europa: dalla Svezia, con Hybrit e H2 Green Steel, alla Germania con l’iniziativa di Thyssenkrupp a Duisburg. In tutti i casi, l’idrogeno verde è il protagonista di un nuovo modello siderurgico a zero emissioni.
Secondo Legambiente, l’Italia deve colmare i ritardi accumulati. È necessario che lo Stato assuma un ruolo guida con politiche industriali chiare, finanziamenti certi e una strategia coerente di lungo termine.
Taranto può guidare la transizione ecologica
Il caso Taranto è emblematico di una sfida più ampia: rendere compatibili industria, salute e ambiente. La riconversione dell’ex Ilva in un polo di acciaio verde può diventare il simbolo di un nuovo modello di sviluppo per il Mezzogiorno e per l’intero Paese.
Concludendo, il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani ha dichiarato: “Riconvertire l’ex Ilva non è solo possibile, ma necessario. La tecnologia esiste, le esperienze europee lo dimostrano. Ora serve volontà politica e una visione chiara per trasformare Taranto in un esempio virtuoso di transizione giusta e sostenibile”.
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