Loading Now

Allevamenti tonno rosso, Greenpeace: impianti senza regole e controlli

Allevamenti tonno rosso, Greenpeace: impianti senza regole e controlli

La ripresa della popolazione di tonno rosso nel Mediterraneo, unita ai finanziamenti europei per pesca e acquacoltura, ha rilanciato in Italia gli impianti di ingrasso intensivo. Una crescita che avviene in assenza di norme ambientali, criteri per il benessere animale e regole sulla gestione degli impianti. A lanciare l’allarme è Greenpeace Italia con il nuovo report “Corsa all’oro rosso”.

L’indagine di Greenpeace

Il report evidenzia l’espansione del settore degli ingrassi in un contesto privo di trasparenza. Secondo i dati dell’ICCAT, l’Italia risulta avere tredici impianti di ingrasso registrati, ma solo tre sono localizzati con coordinate precise. In sei casi è indicata la capacità produttiva, mentre i quattro più grandi, che rappresentano l’80% della produzione nazionale (pari a 7525 tonnellate), risultano intestati al Ministero dell’Agricoltura.

Tuttavia, lo stesso Ministero, contattato da Greenpeace, ha dichiarato che tali impianti non risultano operativi. Questo fa sospettare l’esistenza di strutture solo virtuali, utilizzate per giustificare capacità produttive future, in contrasto con le finalità dell’ICCAT.

Nuovi impianti e business senza regole

Il settore attira forti interessi economici. Tra questi, la proposta di FedAgriPesca per una “rotta italiana del tonno rosso” e l’autorizzazione concessa nel 2024 a un nuovo impianto a Battipaglia (Salerno), gestito dalla società Tuna Sud. La concessione è stata rilasciata senza valutazione d’impatto ambientale, nonostante l’azienda non abbia dipendenti né fatturato.

Secondo Greenpeace, questo dimostra l’urgenza di introdurre regole stringenti per evitare speculazioni e proteggere le popolazioni di tonno rosso e gli habitat marini.

Una risorsa preziosa a rischio

La specie, un tempo sull’orlo dell’estinzione, è oggi considerata a rischio minimo grazie agli sforzi internazionali e alle restrizioni introdotte negli anni passati. Tuttavia, l’assenza di controlli sull’acquacoltura rischia di vanificare questi progressi.

Greenpeace sottolinea che, senza un quadro normativo chiaro e condiviso, il business del tonno rosso potrebbe generare nuovi danni ambientali e arricchire pochi operatori privi di scrupoli.

Le richieste di Greenpeace

L’organizzazione chiede:

trasparenza sull’uso dei fondi europei per l’acquacoltura

accesso pubblico ai dati sugli impianti esistenti

regole chiare per la gestione degli allevamenti

valutazioni ambientali obbligatorie per i nuovi impianti

standard minimi sul benessere animale

Solo con una governance responsabile sarà possibile conciliare produzione ittica e tutela del patrimonio marino del Mediterraneo.

Share this content: