Transizione energetica in Sardegna: la Consulta boccia i divieti e riapre il confronto sulle rinnovabili
La Regione Sardegna è chiamata a riconsiderare il proprio approccio alla transizione energetica, trattando gli impianti per le energie rinnovabili alla stregua delle altre infrastrutture che quotidianamente trasformano il territorio. Il pronunciamento 184/2025 della Corte Costituzionale invia un messaggio chiaro contro divieti aprioristici e l’introduzione di regole retroattive per iter autorizzativi già conclusi.
La decisione della Consulta si colloca in continuità con le posizioni espresse da Sardegna Rinnovabile e dalle associazioni che ne fanno parte, tra cui Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF, sin dal dibattito sulla moratoria e sulla legge regionale approvata nel 2024.
Il nodo delle aree non idonee
Secondo Sardegna Rinnovabile, la Regione ha adottato un’interpretazione eccessivamente estensiva del concetto di area non idonea, arrivando di fatto a precludere circa il 99% del territorio sardo allo sviluppo delle energie rinnovabili.
Questo approccio, oltre a entrare in conflitto con gli obiettivi nazionali ed europei di decarbonizzazione, ha generato incertezza normativa e rallentato investimenti strategici per la transizione energetica.
Responsabilità regionali e ruolo dei Comuni
L’alleanza Sardegna Rinnovabile sottolinea la necessità che la Regione si assuma pienamente la responsabilità delle proprie scelte di pianificazione. In particolare, viene criticata l’ipotesi di scaricare sui Comuni, spesso piccoli centri delle aree interne, l’onere di candidarsi a ospitare impianti in territori che la stessa Regione definisce come non idonei.
Un simile meccanismo rischia di accentuare le disuguaglianze territoriali e di creare conflitti locali, invece di favorire una governance condivisa della transizione.
Vincoli paesaggistici e impianti offshore
Un altro punto critico riguarda l’interpretazione dei vincoli paesaggistici. Secondo Sardegna Rinnovabile, tali vincoli vengono talvolta utilizzati in modo distorto per impedire la realizzazione di impianti, arrivando a ostacolare anche progetti di eolico offshore situati al di fuori delle acque territoriali.
Questa impostazione rischia di compromettere una delle principali opportunità di sviluppo delle rinnovabili per l’isola, in un contesto in cui il mare rappresenta una risorsa strategica.
La transizione come opportunità di sviluppo
La trasformazione necessaria per affrontare la crisi climatica e ridurre rapidamente le emissioni di CO2 viene indicata come una grande opportunità da governare con coraggio e visione strategica. Secondo Sardegna Rinnovabile, l’isola ha bisogno di una politica energetica che promuova in modo convinto le fonti rinnovabili, sostenuta da norme chiare e strumenti di pianificazione efficaci.
Questa posizione è stata ribadita anche durante il II Forum Energia di Legambiente Sardegna, intitolato “Qui e ora. Viaggio nella Sardegna che guarda al futuro”, dove è emersa la necessità di superare contrapposizioni ideologiche e approcci difensivi.
Le criticità della legge regionale 20/2024
Con la legge regionale 20/2024, la Sardegna ha di fatto scelto di respingere gli impianti di scala industriale, sia a terra sia in mare. Secondo le associazioni ambientaliste, questa scelta non ha colto la sfida culturale di costruire nuove regole di convivenza tra impianti energetici, paesaggi e comunità locali.
L’assenza di un quadro condiviso rischia di bloccare la transizione e di lasciare l’isola ai margini dei principali processi di innovazione energetica.
Verso una visione integrata dei territori
La transizione energetica, conclude Sardegna Rinnovabile, deve tradursi in una trasformazione positiva dei territori, fondata su una visione integrata che tenga insieme energia, tutela ambientale e sviluppo socioeconomico.
A questo spirito dovrebbero adeguarsi i futuri processi normativi e di pianificazione energetica della Sardegna, superando i divieti generalizzati e puntando su una governance capace di coniugare sostenibilità, partecipazione e crescita.
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