Pfas nelle divise e nel sangue dei Vigili del Fuoco: allarme di Greenpeace e Usb
Un monitoraggio indipendente realizzato da USB in collaborazione con Greenpeace ha rivelato dati allarmanti sulla presenza di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) nei dispositivi di protezione individuale (DPI) dei vigili del fuoco. Tali sostanze, usate come ritardanti di fiamma, possono rappresentare una minaccia seria per la salute. La presenza di questi inquinanti pericolosi nel sangue di 16 vigili del fuoco italiani solleva nuove preoccupazioni sulla sicurezza lavorativa.
Cosa sono i PFAS e perché sono pericolosi?
I PFAS, noti come “inquinanti per sempre”, sono sostanze chimiche che non si degradano facilmente nell’ambiente. Utilizzati in una vasta gamma di applicazioni industriali e commerciali, tra cui schiume antincendio e dispositivi di protezione, i PFAS sono stati associati a numerosi effetti negativi sulla salute, tra cui potenziali effetti cancerogeni, interferenze endocrine e danni al sistema cardiovascolare.
I dati presentati da USB e Greenpeace
I dati, diffusi ieri durante un incontro alla Camera dei Deputati, riguardano i vigili del fuoco provenienti da Catania, Padova, Verona, Alessandria, Genova e Pisa, e mostrano una preoccupante presenza di PFAS nel sangue dei lavoratori. Pur non superando valori estremamente elevati, i dati superano comunque la soglia di rischio individuata dalla National Academy of Sciences, suggerendo la necessità di un biomonitoraggio periodico per i vigili del fuoco.
PFAS nelle divise e nei DPI
Le divise e altri dispositivi di protezione individuale usati dai vigili del fuoco contengono alte concentrazioni di PFAS. Queste sostanze chimiche sono utilizzate per rendere i materiali resistenti al fuoco, ma a lungo termine rappresentano una minaccia per la salute dei lavoratori. Greenpeace e USB chiedono interventi urgenti per limitare o eliminare l’uso di PFAS in questo settore.
Un doppio rischio
Secondo quanto riportato dagli esperti, i vigili del fuoco sono esposti ai PFAS in due modi: sia come cittadini, entrando in contatto con queste sostanze attraverso acqua, aria e cibi contaminati, sia come professionisti, attraverso l’uso di schiume antincendio contenenti PFAS e divise protettive. Questo duplice livello di esposizione li rende particolarmente vulnerabili.
Le richieste di USB e Greenpeace
In risposta ai risultati del monitoraggio, USB e Greenpeace chiedono una serie di misure urgenti, tra cui:
Mappatura dei siti contaminati da PFAS.
Sorveglianza sanitaria per i vigili del fuoco.
Eliminazione dei PFAS dalle attrezzature, divise e schiume antincendio.
Riconoscimento della categoria esposta e inserimento dei vigili del fuoco nei parametri INAIL per le malattie professionali.
Il ruolo delle istituzioni e la necessità di un intervento governativo
Giuseppe Ungherese di Greenpeace ha dichiarato che non è più possibile ignorare il problema PFAS per il settore dei vigili del fuoco, che già affronta rischi significativi nella sua attività quotidiana. Per proteggere la salute dei lavoratori, è fondamentale che il governo italiano intervenga, vietando la produzione e l’uso di PFAS a livello nazionale.
Le iniziative legali e la pressione sulla giustizia
A livello legale, diverse organizzazioni, tra cui ISDE, Movimento Consumatori e Medicina Democratica, hanno presentato esposti alle procure italiane per verificare la contaminazione da PFAS nei presidi antincendio. Le richieste di accertamento riguardano in particolare l’utilizzo di schiumogeni contenenti PFOA, una delle sostanze più pericolose tra i PFAS.
Share this content: