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Acque reflue: raggiunto accordo su nuove norme in Ue

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Acque reflue: raggiunto accordo su nuove norme in Ue

Le istituzioni Ue hanno raggiunto un accordo su una proposta di revisione dell’attuale direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, prevedendo di ampliarne l’ambito di applicazione per allinearla agli obiettivi del Green Deal europeo.

Come fanno sapere i negoziatori in una nota, l’accordo prevede un “migliore monitoraggio” di inquinanti chimici, agenti patogeni e resistenza antimicrobica, l’obbligo per i produttori di cosmetici e farmaci di contribuire al trattamento aggiuntivo delle acque, e il riutilizzo più ampio delle acque reflue urbane trattate per prevenire la scarsità idrica. Inoltre, “riconoscendo il potenziale del settore del trattamento delle acque reflue di contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE, le nuove norme introducono un termine per conseguire la neutralità energetica nel settore”.

Le novità sul trattamento delle acque reflue

Il Consiglio e il Parlamento hanno ampliato l’obbligo di trattamento secondario delle acque reflue urbane, consistente nella rimozione della materia organica biodegradabile, prima dello scarico nell’ambiente, estendendolo a tutti gli agglomerati con una popolazione di 1.000 unità o più entro il 2035. Sono previste eccezioni per gli agglomerati più piccoli e per gli Stati membri recentemente aderiti all’UE (come Romania, Bulgaria e Croazia) che hanno già effettuato investimenti sostanziali per conformarsi alla direttiva attuale.

Inoltre, i legislatori hanno uniformato i limiti temporali e le soglie per il trattamento terziario (eliminazione di azoto e fosforo) e il trattamento quaternario (rimozione di una vasta gamma di microinquinanti). Gli Stati membri dovranno garantire l’applicazione del trattamento terziario e quaternario entro il 2039 e il 2045, rispettivamente, negli impianti di maggiore dimensione che trattano un carico di 150.000 unità equivalenti o più, con obiettivi intermedi nel 2033 e nel 2036 per il trattamento terziario, e nel 2033 e nel 2039 per il trattamento quaternario.

È stato altresì concordato di estendere gli obblighi di trattamento terziario e quaternario entro il 2045 anche agli agglomerati più piccoli con una popolazione di 10.000 unità o più che scaricano in zone che soddisfano specifici criteri di rischio, mentre è prevista una deroga all’obbligo relativo al trattamento terziario nei casi in cui le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate per l’irrigazione agricola, a condizione che non vi siano rischi ambientali e sanitari.

Inquinamento da farmaci e cosmetici: la responsabilità del produttore

Per affrontare i costi supplementari derivanti dal trattamento delle acque reflue per i microinquinanti e in linea con il principio del “chi inquina paga”, fanno sapere ancora le istituzioni Ue, i produttori di prodotti farmaceutici e cosmetici responsabili dell’inquinamento delle acque reflue urbane con microinquinanti dovrebbero contribuire almeno all’80% dei costi di tale trattamento aggiuntivo attraverso un sistema di responsabilità estesa del produttore.

I legislatori hanno concordato di concedere agli Stati membri un certo grado di flessibilità nella determinazione delle modalità di suddivisione dei costi rimanenti. I produttori saranno anche responsabili dei costi relativi alla raccolta e verifica dei dati sui prodotti immessi sul mercato. È stato infine affidato alla Commissione il compito di valutare l’eventuale impatto di questa disposizione sull’accessibilità, anche dal punto di vista economico, dei medicinali.

Sostenibilità energetica e risorse rinnovabili

Concordando sull’importante ruolo che il settore del trattamento delle acque reflue urbane potrebbe giocare nella riduzione delle emissioni di gas serra e quindi nel raggiungimento dell’obiettivo di neutralità climatica dell’Unione Europea, i legislatori hanno introdotto un obiettivo di neutralità energetica, secondo cui entro il 2045 gli impianti di trattamento delle acque reflue dovranno generare energia attraverso fonti rinnovabili. L’energia può essere prodotta in loco o provenire da fonti esterne, e fino al 35% dell’energia da fonti non fossili può essere acquisito da fonti esterne, una percentuale che si applica esclusivamente all’obiettivo finale.

In aggiunta, il testo accordato stabilisce che gli Stati membri devono favorire il riutilizzo delle acque reflue trattate da ogni impianto di trattamento delle acque reflue urbane, laddove appropriato, particolarmente nelle zone che presentano criticità idrica. Inoltre, le azioni di riutilizzo dovrebbero essere contemplate nelle strategie nazionali per la resilienza idrica.

Reti fognarie e piani di gestione

I legislatori hanno concordato di estendere l’obbligo di costruire reti fognarie per le acque reflue urbane a tutti gli insediamenti con 1.000 unità equivalenti o più. Per agevolare l’adeguamento, hanno posticipato la scadenza di conformità a questo obbligo dal 2030 al 2035. Inoltre, sono state introdotte eccezioni, applicabili a insediamenti più piccoli nelle zone costiere, scarichi in aree meno sensibili e per gli Stati membri più recenti nell’Unione Europea.

Nelle situazioni in cui la costruzione di reti fognarie non è giustificata, fattibile o conveniente, gli Stati membri hanno la possibilità di adottare sistemi individuali per la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane.

Inoltre, il testo stabilisce i termini entro cui gli Stati membri devono elaborare i piani integrati di gestione delle acque reflue urbane, che coprano insediamenti con più di 100.000 unità entro il 2033 e quelli a rischio con un numero di unità compreso tra 10.000 e 100.000 entro il 2039. Questi piani saranno soggetti a revisione almeno ogni sei anni, in linea con la direttiva quadro sulle acque.

Le prossime tappe delle nuove norme

L’accordo provvisorio dovrà ora essere sottoposto all’approvazione dei rappresentanti degli Stati membri presso il Consiglio (Coreper) e alla commissione per l’ambiente del Parlamento. Se riceverà l’approvazione, il testo dovrà successivamente essere ufficialmente adottato dalle due istituzioni, previa revisione da parte dei giuristi-linguisti. Solo dopo questa fase, la direttiva sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea ed entrerà in vigore.

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