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Batteri mangia plastica contro l’inquinamento

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Batteri mangia plastica contro l’inquinamento

Salvare il pianeta, partendo dai meccanismi riproduttivi della natura stessa.  È l’idea dei ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute di New York che hanno riprodotto batteri in grado di trasformare la plastica in un materiale simile alla seta di ragno. Questa scoperta potrebbe aiutare a risolvere il problema dell’inquinamento da plastica trasformando i rifiuti in un materiale utile. Il polietilene, utilizzato in plastica monouso come sacchetti della spesa e bottiglie, è il tipo di plastica più diffuso al mondo. Non sorprende quindi che sia anche uno dei principali inquinanti globali. I polimeri di polietilene possono impiegare dai 20 anni a quasi un secolo per decomporsi, e solo una minima parte viene effettivamente riciclata.

La ricerca sui batteri

Come spiegano gli scienziati nella loro ricerca, pubblicata sulla rivista Microbial Cell Factories, hanno utilizzato la genomica per creare Pseudomonas aeruginosa, un nuovo ceppo di batteri mangia-plastica integrato con geni ricombinanti, o nuovi alleli creati attraverso un processo di degradazione e ricomposizione del DNA proveniente da diverse specie, per ottenere una “proteina simile alla seta del ragno”. Il risultato? Un processo sostenibile che elimina contemporaneamente la plastica, migliora l’ambiente e crea un nuovo materiale resistente e ricco di proteine.

Dai batteri la fibra più resistente in natura

Gli scienziati di Rensselaer non sono stati i primi a cercare di imitare la seta di ragno. La seta di ragno è la fibra più resistente che esista in natura o, come l’ha definita Helen Zha, coautrice dello studio e professore associato di ingegneria chimica e biologica, è il “Kevlar della natura“. Tuttavia, è sei volte meno denso dell’acciaio, quindi è molto leggero. Più precisamente, spiegano i ricercatori, i batteri non mangiano direttamente gli oggetti di plastica. Come indicato nella ricerca, prima sono stati depolimerizzati i prodotti in plastica, applicando pressione per riscaldarli in una sostanza morbida e cerosa; questa miscela cerosa è ciò che viene somministrato ai batteri e, dopo un processo di fermentazione agevolato dai batteri, viene convertita nel potente biomateriale. Inoltre, nessuna sostanza chimica aggiuntiva è necessaria.

Gli sviluppi futuri dell’uso della plastica

“Ciò che rende davvero entusiasmante questo processo”, afferma Zha, “è che, a differenza del modo in cui vengono prodotte le plastiche oggi, il nostro processo è a basso consumo energetico e non richiede l’uso di sostanze chimiche tossiche”. Gli scienziati stanno ora esplorando la possibilità di replicare il concetto di basso consumo energetico e bassa tossicità su una scala più ampia. “La scoperta – commenta la ricercatrice – sfrutta i meccanismi generativi della natura per fare in modo che essa possa autoriprodursi e sopravvivere”.

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