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Coltivazioni di nocciole: il Consiglio di Stato si pronuncia sull’inquinamento nel Lazio

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Coltivazioni di nocciole: il Consiglio di Stato si pronuncia sull’inquinamento nel Lazio

Il Consiglio di Stato si pronuncia a favore delle associazioni ambientaliste e ordina alla Regione Lazio di arrestare l’inquinamento e la distruzione dell’habitat del Lago di Vico, in provincia di Viterbo, causata dalle coltivazioni intensive di nocciole (fornite anche a Ferrero).

ClientEarth e Lipu parlano di  “una sentenza rivoluzionaria per l’Italia, ma che potrebbe avere importanti riflessi per future cause legali sulla biodiversità in Europa”.

Il caso avanzato dalle associazioni ambientaliste

A febbraio 2023, il giudice amministrativo del Tar del Lazio aveva respinto i ricorsi relativi all’acqua potabile e alla conservazione degli habitat, ma ClientEarth e Lipu avevano deciso di fare appello al Consiglio di Stato.

Nella recente sentenza “definitiva e non più appellabile”, sull’appello delle due ONG, il Consiglio di Stato ha invece ordinato alla Regione Lazio di agire immediatamente per “contrastare” la distruzione dell’habitat protetto concedendole sei mesi di tempo per adottare le misure necessarie per salvare gli habitat protetti del lago.

Il Tribunale “ha giudicato la Regione Lazio in palese violazione del suo obbligo giuridico di salvaguardare il lago di Vico  – sito naturale protetto e fonte di acqua potabile – dal pericoloso inquinamento causato dalla coltivazione intensiva di nocciole che viene effettuata nella zona”, scrivono le associazioni in una nota.

Il Tribunale ha constatato che le autorità competenti erano consapevoli del problema da tempo, ma non hanno preso provvedimenti. Pertanto, poiché le amministrazioni locali di Ronciglione e Caprarola non hanno agito, la regione Lazio è stata obbligata a intervenire, assumendo il controllo per garantire la protezione delle acque destinate al consumo umano nella zona. La regione dovrà inoltre elaborare un piano di interventi preventivi per ridurre il rischio di inquinamento delle acque.

“Nel corso degli anni Regione Lazio ha adottato una serie di delibere regionali che prevedono misure finalizzate a contrastare il fenomeno della proliferazione algale – ha spiegato ad Altreconomia Francesco Maletto, avvocato di ClientEarth ed esperto di diritto dell’ambiente e della biodiversità -. Il codice dell’ambiente prevede che, qualora le autorità locali non agiscano, la Regione deve intervenire ed esercitare i propri poteri sostitutivi. Noi abbiamo presentato un’istanza alla Regione affinché si attivasse ed esercitasse questi poteri sostitutivi, ma non ci ha risposto in maniera soddisfacente. E il Consiglio di Stato ci ha dato ragione”.

Il Consiglio di Stato condanna l’inazione

“Oltre a confermare e condannare l’inerzia delle autorità competenti, che si è protratta per anni, nel prevenire e contrastare il fenomeno della fioritura delle alghe tossiche – ha aggiunto l’avvocato – la decisione riconosce indirettamente gli effetti deleteri che le monocolture possono avere sugli ecosistemi, che finiscono per riverberarsi sulle comunità locali, le quali, pur beneficiando economicamente di tali attività, ne risultano in ultima analisi gravemente danneggiate, insieme alla biodiversità”.

“Questa sentenza chiarisce una volta per tutte: protetto significa protetto. Le autorità non possono stare a guardare e permettere che l’agricoltura intensiva degradi in modo irreversibile questo importante territorio”.

“Il tribunale si è spinto più in là di quanto fatto in precedenza ha concluso l’avvocato – non solo chiedendo alle autorità di porre fine ai comportamenti dannosi, ma anche di invertirne la rotta. Si tratta di una svolta per il diritto della biodiversità in Italia.

Per Giorgia Gaibani,  responsabile Difesa del territorio e Natura 2000 della Lipu, “Il mancato rispetto della Direttiva Habitat, sta provocando la distruzione dei fragili habitat del lago, compresi i terreni necessari alla coltivazione delle preziose nocciole italiane”.

“Questo modo insostenibile di fare agricoltura comprometterà la capacità della natura di provvedere negli anni a venire, come sempre ha fatto, alle comunità del luogo”, ha aggiunto Gaibani.

Come ricordano ancora le ONG, la Corte aveva già condannato le autorità dopo che i residenti dell’area erano stati privati dell’acqua potabile a causa del medesimo inquinamento”.

Inquinamento dell’acqua: è colpa delle coltivazioni intensive di nocciole

Come confermato da vari studi e sostenuto dai ricorrenti, alla base dell’inquinamento dell’habitat e della conseguente contaminazione dell’acqua potabile ricevuta dagli abitanti di Ronciglione e Caprarola, c’è l’uso di fertilizzanti impiegati nelle coltivazioni intensive di nocciole.

Le attività agricole intensive che si sono sviluppate soprattutto negli ultimi 50 anni nel Lazio, hanno portato ad un aumento dell’uso di fertilizzanti e pesticidi, che si sono riversate nel lago, incidendo sulla qualità dell’acqua e deteriorando il suo habitat.

L’eccesso di sostanze nutritive nel lago ha infatti innescato un processo noto come eutrofizzazione, che porta alla crescita massiccia delle alghe rosse.

Queste risucchiano tutto l’ossigeno dall’acqua minacciando la flora e la fauna del lago. Inoltre, rilasciano sostanze chimiche dannose per la salute delle persone e per l’ambiente, che non possono essere eliminate dai normali processi di depurazione dell’acqua.

Anche un rapporto del 2020 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), conferma che le coltivazioni di nocciole, a causa dell’inquinamento legato all’uso di pesticidi e fertilizzanti, rappresentano la principale fonte di pressione sull’ecosistema acquatico del lago di Vico.

A seguito di ciò, l’acqua del lago, normalmente utilizzata per l’approvvigionamento di acqua potabile, è stata quindi classificata dall’amministrazione pubblica come non potabile.
Ad oggi, poiché le autorità non sono riuscite a trovare un’altra fonte di approvvigionamento idrico per i residenti di Ronciglione e Caprarola, l’acqua continua ad arrivare alle loro abitazioni, ma non può essere consumata.



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La produzione nel Lazio

Oggi, il Lazio è considerata la prima regione italiana per la produzione di nocciole. Nella sola regione del lato di Vico, le piantagioni di nocciole si estendono per oltre 21.700 ettari, “presentandosi lungo le sponde come una monocultura”, come scrive Altreconomia.

Negli ultimi 50 anni, a seguito di condizioni climatiche e caratteristiche dei terreni particolarmente favorevoli per il nocciolo, gli agricoltori della provincia di Viterbo e del Lazio hanno abbandonato vite e olivo puntando sui noccioleti.

Gli investimenti della Ferrero nel Lazio

Nel 2018, il Gruppo Ferrero ha investito in modo importante nella regione per aumentarne la produttività, diventando il principale acquirente delle nocciole nel Lazio.

Il colosso di Alba ha lanciato il «Progetto nocciola Italia», un piano agroindustriale che ad aumentare di 20.000 ettari la superficie coltivata a nocciole in Italia entro il 2025, aggiungendoli ai già esistenti oltre 70.000 ettari. L’obiettivo è ridurre la dipendenza delle importazioni di nocciole dall’estero.

Secondo quanto racconta anche Repubblica a ottobre 2023, Ferrero assorbe larga parte della produzione del viterbese, “con un significativo impatto sugli acquisti globali, avendo la multinazionale bisogno di circa 230 mila quintali di nocciole ogni anno”.

Preoccupa anche l’inquinamento sul lago di Bolsena

I problemi ambientali e l’inquinamento da pesticidi legati alle coltivazioni intensive delle nocciole non si limitano al solo lago di Vico, ma si estendono in tutta la regione.

Anche il lago di Bolsena, rinomata meta turistica e il più grande lago vulcanico d’Europa, è minacciato dall’inquinamento agricolo che mina la qualità dell’acqua e l’equilibrio ambientale.

La crisi idrica

Oltre alla recente sentenza del Consiglio di Stato, ClientEarth e Lipu hanno portato con successo in tribunale l’omissione da parte delle autorità. In particolare della Regione Lazio, nell’attuare misure efficaci per affrontare la crisi della potabilità dell’acqua e ridurre i livelli dannosi di nitrati, come richiesto sia dalla normativa europea che nazionale.

La Regione Lazio è stata obbligata a istituire una Zona Vulnerabile ai Nitrati e ad adottare provvedimenti per il risanamento delle risorse idriche.

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