Conclave, le fumate cosa contengono e quanto inquinano davvero
Il fumo che esce dal comignolo della Cappella Sistina durante un conclave papale è un segnale carico di significato. Ma oggi, in un mondo attento alla sostenibilità, anche i gesti simbolici meritano di essere osservati con occhi nuovi. Cosa contiene davvero quel fumo? E ha un impatto sull’ambiente?
Una tradizione codificata. Anche chimicamente
Dal conclave del 2005, il Vaticano ha ufficializzato la composizione chimica delle fumate per garantire un segnale visibile e distinguibile. Secondo quanto comunicato dall’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice (2005) e ripreso dalla stampa vaticana nel 2013 (L’Osservatore Romano e Vatican News), le miscele utilizzate sono:
- Fumata nera: antracene (un idrocarburo aromatico), zolfo e perclorato di potassio.
- Fumata bianca: clorato di potassio, lattosio e resina di pino.
Questi composti vengono bruciati insieme alle schede votate, all’interno di una speciale stufa a due camere.
Cosa viene emesso nell’aria con le fumate del Conclave?
Le sostanze sopra elencate, una volta bruciate, possono generare emissioni come:
- Ossidi di zolfo (SO₂) – derivati dalla combustione dello zolfo, noti per effetti irritanti a livello respiratorio.
- Polveri sottili (PM2.5 e PM10) – derivanti dalla combustione incompleta dei composti organici.
- Antracene e altri IPA (idrocarburi policiclici aromatici) – classificati da IARC come possibili cancerogeni per l’uomo (gruppo 2B).
- Ossidi di azoto (NOₓ) – prodotti a temperature elevate, sebbene in quantità limitate in questo tipo di combustione.
Impatto ambientale delle fumate del Conclave: trascurabile, ma non nullo
In base a stime ricavate da pubblicazioni del National Research Council Canada e confronti con fonti di emissione urbana (ISPRA, 2023), la fumata di un conclave genera emissioni molto contenute. Una stima prudente indica meno di 0,5 grammi di PM10 totali per fumata, contro:
- ~20 mg/km emessi da un’auto diesel Euro 4;
- ~1.000 g di PM10 emessi in media da uno spettacolo pirotecnico di 10 minuti;
- ~1.500 g di PM10 giornalieri da una caldaia a biomassa domestica.
Il vero peso, quindi, è simbolico: anche i gesti che sembrano “minimi” possono stimolare una riflessione collettiva sulla sostenibilità.
Le alternative: riti che evolvono
La riflessione sulla sostenibilità dei riti religiosi è avviata da tempo. L’enciclica Laudato si’ (2015) di Papa Francesco invita chiaramente a un cambiamento culturale integrale e a un’ecologia integrale, che includa anche le pratiche liturgiche.
Diversi studiosi, tra cui il prof. Luca Fiorani (fisico, Università Europea di Roma, membro del Movimento Laudato Si’), hanno proposto soluzioni simboliche a basso impatto per manifestazioni religiose: dall’uso di luci LED colorate all’impiego di vapore acqueo visibile. Queste alternative potrebbero garantire visibilità e impatto emotivo, senza emissioni nocive.
Fede e ambiente non sono in conflitto
Le fumate del conclave non rappresentano una minaccia ambientale significativa, ma sollevano una domanda più ampia: possiamo rendere i nostri simboli più sostenibili? In un tempo in cui la spiritualità si interseca sempre più con l’etica ecologica, anche il fumo che annuncia il nuovo Pontefice può diventare un’occasione per guardare in alto senza dimenticare l’aria che ci circonda.
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